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Indici della Rassegna

Titolo
IMPUGNAZIONE DELLA DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’
Argomento
Edilizia e urbanistica
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 25 novembre 2008 n. 5811; Riferimenti Normativi: - Art. 20 della L. 241 del 1990; - Art. 11 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (T.U. edilizia).
Testo
Poiché la denuncia di inizio dell’attività edilizia (d.i.a.) si traduce nell’autorizzazione implicita all’effettuazione dell’attività edilizia deve ritenersi che i terzi possano agire innanzi al Giudice amministrativo, per chiederne l’annullamento, avverso il titolo abilitativo formatosi per il decorso del termine entro cui l’Amministrazione può impedire gli effetti della d.i.a.
L’atto di comunicazione dell’avvio dell’attività, a differenza di quanto accade nel caso del silenzio-assenso, disciplinato dall’articolo 20 della legge 241/90, non è una domanda, ma una informativa, alla quale è subordinato l’esercizio del diritto. Ed il provvedimento, rispetto al quale l’amministrazione potrà esercitare poteri di autotutela, si forma con l’esperimento di un ben delineato modulo procedimentale, all’interno del quale la d.i.a. costituisce pur sempre una autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell’intervento, sulla quale la P.A., svolge una attività eventuale di controllo, al tempo stesso prodromica e funzionale al formarsi, a seguito del mero decorso di detto periodo di tempo, del titolo necessario per il lecito dispiegarsi della attività del privato.
Nel caso di d.i.a., anche dopo il decorso del termine di trenta giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l’Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori né nel senso di poteri espressione dell’esercizio di una attività di secondo grado (estrinsecantisi nell’annullamento d’ufficio e nella revoca); mentre i terzi, che si assumano lesi dal silenzio prestato dall’Amministrazione a fronte della presentazione della d.i.a., si potranno gravare legittimamente non avverso il silenzio stesso, ma, nelle forme dell’ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo, che, formatosi e consolidatosi nei modi di cui sopra, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita.
L’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (riprodotto dall’art. 11 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 – T.U. edilizia), nel prevedere che la concessione edilizia (oggi permesso di costruire), sia rilasciata “al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”, prevede anche che, in sede di rilascio, il Comune è tenuto a verificare la legittimazione soggettiva del richiedente, con il solo limite di non poter procedere d’ufficio ad indagini su profili della stessa che non appaiano controversi. E se è vero che il potere-dovere così delineato in capo all’Amministrazione può limitarsi alla verifica dell’esistenza del possesso dell’area, tale accertamento attiene pur sempre ad un livello minimo di istruttoria, che va superato ed approfondito allorché, problematiche di asserita, indebita, appropriazione del fondo altrui insorgano già all’atto della domanda. Nel caso di specie è stata ritenuta illegittima – per difetto di istruttoria adeguata – una autorizzazione, tacitamente assentita, per il fatto che il Comune non aveva adeguatamente valutato, pur in presenza di contestazioni circa la titolarità dell’area, il presupposto della disponibilità dell’area previsto dalle richiamate disposizioni.
Autore
Dott. Roberto Bongarzone
Data
domenica 30 novembre 2008
 
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