Via Saffi, 49 01100 VITERBO     |     provinciavt@legalmail.it     |     0761 3131

Indici della Rassegna

Titolo
Prudenza e diligenza nella gestione dell'attività discrezionale della p.a.: responsabilità del dirigente in solido con l'amministrazione
Argomento
Enti locali
Abstract
(Tar Lazio, Roma, sez. III, sent. 1° giugno 2004, n. 5141)
Testo
Corre l’obbligo segnalare ed annotare la sentenza in epigrafe, non tanto per le vicende ed i principi in materia di appalto/contratto di servizi, bensì per l’evento innovativo di pronunciamento avverso il comportamento del dirigente della P.A. e la conseguente condanna - seppur in solido con l’amministrazione – da parte del giudice amministrativo e non, in sede di responsabilità contabile, al ristoro dei danni a favore della società ricorrente.

Vale rilevare che, nel caso di specie, il Dirigente ha emanato un atto con cui, a modifica di un precedente concordamento, si consentiva alla società – già aggiudicataria di un servizio – di modificare il proprio rapporto in danno dell’altra interessata, sovrapponendo ad essa un’attività similare, tale da sottrarre clientela.

Il giudicante ha individuato una colpa grave nell’attività amministrativa (richiamando i principi che sorreggono l’illecito aquiliano) nell’inosservanza della diligenza dovuta, per non essersi attenuti ai necessari parametri professionali.

E’ colpa grave omettere la necessaria perizia e prudenza nella gestione dell’attività anche discrezionale della p.a. e laddove, nella necessaria valutazione dei contrapposti interessi, non si sia data la necessaria ponderazione ai principi primari del neminem laedere.

La omessa prudenza nella interpretazione delle clausole contrattuali relative al rapporto già in essere - in ipotesi necessitatamente da integrare e/o modificare secondo ragionevolezza, al fine di evitare la violazione dell’obbligo della necessaria ponderazione degli interessi in gioco – concretizza grave violazione del dovere di osservanza dei principi di correttezza amministrativa di garanzia dell’equilibrio concorrenziale e dell’obbligo di omettere operazioni in favore di una società a danno della concorrente.

Il danno cui le parti, in solido ( P.A. e dirigente), vanno condannate a rifondere va calcolato secondo diversi e complessi parametri, di cui si omette la precisa indicazione, limitandosi, in questa sede, a sintetizzarli quale “mancato guadagno da determinarsi in via presuntiva sulla scorta dell’attività svolta dalla concorrente”.
Autore
Avv. M. T. Stringola
Data
venerdì 18 giugno 2004
 
Valuta questa Pagina
stampa