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Indici della Rassegna

Titolo
ABUSI EDILIZI REALIZZATI DAL SINGOLO CONDOMINO SU AREE COMUNI
Argomento
Edilizia e urbanistica
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 3 febbraio 2009 n. 437; Riferimenti Normativi: - Art. 31, comma 3, L. 28 febbraio 1985 n. 47;
Testo
Il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale che, sulla scorta del disposto dell’art. 31, comma III, della legge 28 febbraio 1985 n. 47, considera legittimato a richiedere la concessione in sanatoria anche il soggetto diverso dal proprietario, comunque interessato alla rimozione degli abusi, in ipotesi di inerzia del proprietario medesimo, e salva la facoltà di rivalersi su di lui.
Tuttavia, laddove l’abuso sia realizzato dal singolo condomino su aree comuni, è evidente l’inapplicabilità del principio suindicato in assenza di ogni elemento di prova circa la volontà degli altri comproprietari; diversamente opinando, l’Amministrazione finirebbe per legittimare una sostanziale appropriazione di spazi condominiali da parte del singolo condominio, in presenza di una possibile volontà contraria degli altri (i quali potrebbero essere, al contrario, interessati all’eliminazione dell’abuso non solo con azioni privatistiche).
Ecco perché, in situazione esattamente identica a quella che occupa, si è ritenuto che l’Amministrazione debba chiedere all’istante, in applicazione delle norme generali in tema di rilascio della concessione edilizia, di provare di avere la disponibilità piena dell’area interessata all’abuso e, quindi, di provare, quanto meno per fatti concludenti ma comunque in modo positivo, l’assenso degli altri comproprietari.
Naturalmente, non occorreranno atti formali che documentino un assenso del condominio all’occupazione di spazi comuni da parte del soggetto che ha realizzato gli abusi, essendo sufficiente che sussista anche solo un pactum fiduciae in tal senso.
Orbene, nel caso di specie l’Amministrazione ha correttamente ritenuto carente la prova suindicata, non potendo condividersi l’impostazione di parte appellante, che equipara tale mancanza di elementi alla prova per “fatti concludenti” giudicata sufficiente dalle pronunce sopra richiamate (ed invero, fatto concludente – come noto – è un comportamento incompatibile con una volontà ad esso contraria, e non la mera assenza di comportamenti).
Né può, inoltre, accogliersi la doglianza di carenza istruttoria formulata dal ricorrente, essendo evidente che era suo onere, in forza delle disposizioni generali innanzi richiamate, fornire la prova dell’assenso (anche tacito) dei condomini, e che non spettava all’Amministrazione colmare, attraverso una propria attività istruttoria, tale lacuna probatoria.
In definitiva, l’operato dell’Amministrazione va considerato immune dai vizi lamentati, tenuto conte anche che il rilascio della sanatoria, nelle condizioni rilevate, avrebbe potuto esporre il Comune a reazioni e iniziative anche giudiziarie da parte dei comproprietari pretermessi.
Autore
Dott. Roberto Bongarzone
Data
domenica 15 febbraio 2009
 
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