Via Saffi, 49 01100 VITERBO     |     provinciavt@legalmail.it     |     0761 3131

Indici della Rassegna

Titolo
REVOCA DEGLI ASSESSORI: E’ NECESSARIA LA MOTIVAZIONE
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, sent. 17 febbraio 2009 n. 154
Testo
L’art. 46 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 prevede che il sindaco nomina i componenti della giunta (comma 2) e può «revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio».
E’ questa la norma che attribuisce al sindaco il potere di interrompere il rapporto in corso con l’assessore o con gli assessori che fanno parte della giunta.
Si tratta dell’esercizio di un potere amministrativo e non politico. La ragione è stata chiaramente illustrata dal Consiglio di Stato, con la sentenza 23 gennaio 2007 n. 209.
Gli atti politici sono esclusivamente quelli che la Costituzione riferisce «ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti». Essi «sono caratterizzati da due profili: l'uno soggettivo, dovendo provenire l'atto da organo di pubblica amministrazione, seppure preposto in modo funzionale e, nella specifica vicenda, all'indirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica, e l'altro oggettivo, dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione». «Il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della Amministrazione pubblica (art. 113 Cost.) ha portata generale e coinvolge, in linea di principio, tutte le Amministrazioni anche di rango elevato e di rilievo costituzionale. Per cui le deroghe a simile principio debbono essere ancorate a norme di carattere costituzionale». Da quanto esposto il Consiglio di Stato, con la citata sentenza ha concluso che: «da un lato che il sindaco del comune (come del resto il consiglio e le giunta comunale), non è un organo di rilievo costituzionale (…) e che la giunta comunale non è di per sé abilitata alla direzione al massimo livello dell'Amministrazione comunale (…), mentre l'atto sindacale di revoca di un assessore (o di più assessori) da un lato non è libero nella scelta dei fini, essendo sostanzialmente rivolto al miglioramento della compagine di ausilio del sindaco nell'amministrazione del comune, e dall'altro è sottoposto alla valutazione del consiglio comunale ai sensi dell'art. 46, ultimo comma, d.lgs. n. 267 del 2000».
In definitiva, dunque, siamo in presenza di un provvedimento amministrativo che, in ragione del principio di legalità-indirizzo, deve perseguire gli interessi pubblici previsti dalla legge e concretizzati nel corso del procedimento amministrativo che conduce all’emanazione dell’atto finale.
E’ bene aggiungere che, nella specie, la natura del rapporto esistente tra il sindaco e l’assessore e la ampiezza dei fini che caratterizza l’azione amministrativa della giunta comunale giustifica in capo al sindaco un ampio potere discrezionale.
Tale ampiezza di potere non deve però debordare in arbitrio decisionale dovendo pur sempre il suo esercizio essere finalizzato a perseguire l’interesse pubblico previsto dalla legge. In questa prospettiva, si spiega il disposto dell’art. 46, comma 4, secondo cui il sindaco deve dare «motivata comunicazione al consiglio».
In mancanza di altri vincoli posti dal legislatore a "garanzia" della sfera giuridica del destinatario del provvedimento di revoca, l’unico strumento per consentire il controllo giurisdizionale è quello di valutare e sindacare l’iter motivazionale espresso nel provvedimento.
Diversamente argomentando, saremmo in presenza di un atto politico e non di un atto amministrativo.
Chiarito ciò, nella specie, il sindaco ha revocato l’assessore indicando quale ragione l’esistenza di «mutate esigenze programmatiche».
La genericità dell’affermazione, a prescindere da quali siano i "soggetti destinatari" della stessa, non è, infatti, idonea a consentire un controllo giurisdizionale finalizzato a verificare la non arbitrarietà dell’esercizio del potere (cfr. Tar Puglia, Lecce, I sezione, 22 novembre 2007, n. 3958). Il cambiamento della strategia di governo, è bene puntualizzare, potrebbe di per sé giustificare astrattamente la revoca ma soltanto se il sindaco, da un lato, espliciti quali siano gli indirizzi politici che hanno subito una variazione nell’azione del governo locale, dall’altro indichi quali siano le ragioni per le quali gli assessori in carica non risultino più "compatibili" con tali mutate esigenze. In altri termini, il provvedimento di revoca deve specificare le cause «che hanno fatto venire meno il rapporto di carattere fiduciario» (Consiglio Stato, sez. V, 01 febbraio 2000, n. 539).
Autore
Dott.ssa Marta Dolfi
Data
sabato 28 febbraio 2009
 
Valuta questa Pagina
stampa