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Indici della Rassegna

Titolo
SPESE LEGALI SOSTENUTE DA DIPENDENTI E AMMINISTRATORI PUBBLICI - RIMBORSI
Argomento
Enti locali
Abstract
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Testo
Il pubblico dipendente e/o amministratore in caso di proscioglimento in procedimenti di responsabilità civile o penale per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e/o della carica ha diritto al rimborso delle spese legali sostenute solo se si fa assistere da un legale scelto di comune gradimento con l’Amministrazione e a condizione che non sussista conflitto di interessi (Consiglio di Stato 12 febbraio 2007 n. 552).
L’Alto Consesso ha ritenuto che la norma da cui discerne la richiesta del ricorrente – articolo 67 del d.p.r. n. 268/87 relativo all’assunzione a carico della P.A. della difesa dei pubblici dipendenti per fatti e cause di servizio, rimette alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.
Sotto tale aspetto, a parere dei giudici, “l’onere della scelta di un legale di comune gradimento appare del tutto coerente con le finalità della norma stessa, perché, se il dipendente vuole che l’amministrazione lo tenga indenne dalle spese legali sostenute per ragioni di servizio, appare logico che il legale chiamato a tutelare tali interessi, che non sono esclusivi del dipendente ma coinvolgono anche quelli dell’ente di appartenenza, debba essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti”.
Il diritto al rimborso, previsto in numerosi testi normativi, è espressione di un principio generale di difesa volto a proteggere, non solo l’interesse personale del soggetto coinvolto nel giudizio ma anche l’immagine della p.a. di appartenenza, per la quale il soggetto agisce. Il legislatore ha, tuttavia, subordinato tale diritto al verificarsi di precise condizioni: necessità dell’ente a tutelare i propri diritti e i propri interessi; insussistenza di conflitto di interessi con il dipendente come in tutti i casi in cui questi abbia posto in essere atti illegittimi;connessione dell’atto o fatto con l’espletamento delle funzioni attribuite e l’adempimento dei compiti d’ufficio.
La normativa vigente, pertanto, legittima l’ente locale ad assumere gli oneri relativi alla difesa in giudizio di un proprio dipendente sin dall’avvio del procedimento e, quindi, ancor prima che emergano determinazioni dell’organo giudicante in ordine alla sussistenza o meno della responsabilità, salvo poi (nel caso di condanna esecutiva) l’obbligo per l’ente di pretendere, dal dipendente quanto anticipato per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio.
Condizione essenziale – punto qualificante per l’ammissibilità del rimborso – è costituita dal fatto che il procedimento si sia concluso con una sentenza di assoluzione che accerti l’inesistenza dell’elemento psicologico del dolo o colpa grave nella condotta posta in essere dal dipendente, infatti, sia la giurisprudenza amministrativa che quella contabile ha più volte affermato la necessità che l’imputato sia assolto con la formula più liberatoria e non collegata a cause che inibiscano l’accertamento dell’insussistenza dell’elemento psicologico del reato quali, ad esempio, la prescrizione, la giurisdizione del giudice, il proscioglimento per amnistia, la sopraggiunta abrogazione della norma incriminatrice, formule decisorie intermedie che non conferiscono certezza sull’inesistenza del contrasto di interessi tra il dipendente e/o l’amministratore e l’ente e lasciano ancora spazio per l’accertamento della responsabilità in sede amministrativa.
Autore
Renzo Graziotti
Data
giovedì 30 aprile 2009
 
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