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Indici della Rassegna

Titolo
RECUPERO DI INDEBITO PAGAMENTO
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, sez. IV, Sent. 8 giugno 2009, n. 3516
Testo
La Pubblica amministrazione è tenuta al recupero di somme indebitamente percepite da un dipendente pubblico, senza dover previamente procedere alla comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 legge n. 241 del 1990.
L’obbligo di preventivo avviso non influisce sulla debenza o meno delle somme, né sulla possibilità di difesa del destinatario che ha la capacità di procedere alla verifica dell’esattezza dei conteggi di quanto percepito indebitamente e recuperare, nei termini prescrizionali, l’eventuale maltolto.
Nessun dubbio che il recupero sia un atto vincolato e la pubblica amministrazione non possa statuire in merito alla possibilità di emettere atti di elusione dell’obbligo di azione per l’adempimento dell’obbligazione che nasce dall’immotivato ed indebito arricchimento del dipendente .
Proprio da tale doverosità discende la carenza di ogni necessità dell’avviso che va garantito solo per gli atti che abbiano natura discrezionale e non vincolata e che abbiano valenza provvedimentale.
Nella presente ipotesi l’azione della pubblica amministrazione discende direttamente dalla disposizione dell'art. 2033, c.c.. E’ un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate. Il requisito dell’interesse pubblico che deve caratterizzare detto provvedimento di recupero – e la presupposta motivazione - è insita nell’acclaramento della non spettanza degli emolumenti percepiti dal dipendente, così che il provvedimento non richiede la comparazione tra gli interessi coinvolti (quello pubblico e quello del privato), non vertendosi in ipotesi di interessi sacrificati (tale configurandosi semmai il solo interesse al buon andamento della P.A., sicuramente compresso dall’aver essa anticipato emolumenti non dovuti), se non sotto il limitato aspetto delle esigenze di vita del debitore.
Del resto, proprio la doverosità del recupero esclude che l’amministrazione sia tenuta a fornire una specifica motivazione, essendo invece sufficiente che vengano indicate le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto alle somme corrisposte e la possibilità di rateizzare congruamente il versamento delle somme rende le modalità di ripetizione tali da non incidere negativamente sulle esigenze di vita di chi le aveva percepite onde il diritto dell’Amministrazione di ripetere non può incontrare limitazioni in una eccessiva onerosità per il dipendente o nel fatto che le somme dovute rappresenterebbero un importante sostegno di tipo alimentare nella condizione di un’esistenza modesta ma assolutamente dignitosa.
L'eventuale buona fede del soggetto percipiente non costituisce ostacolo alla ripetizione dell'emolumento erroneamente corrisposto.
All’ente è rimessa la mera discrezionalità, previa congrua motivazione, dell’individuazione delle più consone modalità di recupero convenendo ed accettando la rateizzazione, tenuto conto dell’esigenze del dipendente e non aggravando l’onere.
L’inosservanza del preavviso non influisce neppure sulla possibilità di difesa del destinatario essendo a lui rimessa - nell'ambito del rapporto obbligatorio di reciproco dare-avere paritetico – la capacità di far valere le propri eccezioni contrarie alla esistenza del credito nell'ordinario termine di prescrizione (in tal senso, Consiglio di Stato, VI, 24 giugno 2006, n.4053; VI, 9 giugno 2006, n.3444).
Deve escludersi che la buona fede del percipiente, il suo affidamento nell'operato della p.a., il carattere non chiaramente provvisorio della attribuzione, siano di ostacolo all'esercizio, da parte della p.a., del diritto-dovere di ripetere le relative somme.
Autore
Avv. M. T. Stringola
Data
martedì 30 giugno 2009
 
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