Testo
La ricorrente richiedeva il rilascio dellâautorizzazione ad esercitare lâattività di parrucchiera avendo già ottenuto il parere (favorevole) igienico â sanitario ed essendo in possesso dei prescritti requisiti professionali.
Il Comune negava il rilascio dellâautorizzazione richiesta in quanto lâesercizio non rispettava la distanza minima di 100 metri lineari dallâomologa attività esistente nella zona.
Avverso tale atto, ed ogni altro a questo connesso, presupposto e consequenziale ha proposto impugnativa la società interessata.
Lâart. 2 lett. d) della legge 14 febbraio 1963, n. 161 (come modificata dalla legge 23 dicembre 1970, n. 1142), nel disciplinare lâattività di parrucchiere, prevede che l'autorizzazione debba essere concessa previo accertamento della distanza fra lâesercizio che si intende attivare e quelli preesistenti in rapporto alla densità della popolazione residente e fluttuante ed al numero degli addetti negli esercizi, in conformità ai criteri proposti dalla Commissione consultiva comunale.
La disciplina in esame trova, quale invalicabile limite, la riserva di legge costituzionalmente sancita dallo stesso art. 41 Cost. e, quale necessario fondamento, lâesigenza di garantire un precipuo interesse pubblico generale, da individuarsi nellâinteresse generale dei consumatori alla massima differenziazione quantitativa e qualitativa dellâofferta sul territorio, in conformità al criterio di libera prestazione delle attività economiche ed al principio di libera concorrenza, tutelato - tra lâaltro - dal Trattato dellâUnione europea.
Pertanto, ai fini della valutazione della sua legittimità costituzionale e comunitaria, la predetta disposizione di legge deve essere necessariamente interpretata come volta a garantire unicamente la sostenibilità dellâaumento di offerta derivante dallâesercizio alla luce delle effettive condizioni socio-economiche del contesto territoriale, al fine di garantire la qualità del servizio ai consumatori da turbative emulative aventi effetto riduttivo, anziché ampliativo, della concorrenza.
Ciò fa sorgere dubbi in merito alla possibilità di intendere lâistituto delle distanze come uno strumento di pianificazione autoritativa dellâattività economica in esame (teso esclusivamente alla sua omogenea distribuzione sul territorio).
Tale intervento, infatti, per un verso, esula dal profilo di valutazione dellâimpatto del singolo insediamento sul tessuto urbano e, quindi, dal corretto esercizio dei poteri degli enti locali di pianificazione dellâutilizzo del proprio territorio, mentre, per altro verso, sembra estraneo dallâambito degli interventi riconducibili alla tutela dellâinteresse generale dei consumatori, esulando lâattività di parrucchiere da quella dei pubblici servizi essenziali che richiedono una continuità di svolgimento temporale e territoriale.
Una prefissazione di distanze minime fra gli esercizi che trascendesse la concreta valutazione del rapporto fra domanda ed offerta connesso al contesto socio-economico potrebbe avere effetti limitativi della concorrenza e, quindi, si tradurrebbe in un danno, anziché in un intervento in favore dellâinteresse generale dei consumatori.
Il citato art. 2, lett. d), legge 14 febbraio 1963, n. 161, in coerenza con lâaccennato quadro ordinamentale, dispone quindi che l'autorizzazione dellâattività di parrucchiere debba essere concessa previo accertamento della distanza fra lâesercizio che si intende attivare e quelli preesistenti, ma non in astratto, bensì in rapporto alla densità della popolazione residente e fluttuante e al numero degli addetti negli esercizi, ovvero in base al rapporto fra domanda ed offerta quale rinvenibile dalle condizioni socio-economiche attuali della zona interessata.
In questo quadro, lâimpugnato provvedimento di diniego è stato adottato in assenza di una puntuale verifica di tutte le circostanze del caso concreto, bensì sul solo presupposto del mancato rispetto di distanze minime stabilite a priori ed in astratto dal regolamento comunale.
Non può, poi, sottacersi come tale parametro (il rispetto di una distanza minima tra esercizi) risulti ormai superato dalla normativa entrata in vigore successivamente (l'art. 10, comma 2, d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, come modificato dalla legge di conversione n. 2 aprile 2007, n. 40), secondo cui "le attività di acconciatore di cui alle leggi 14 febbraio 1963, n. 161, e successive modificazioni, e 17 agosto 2005, n. 174, e l'attività di estetista di cui alla legge 4 gennaio 1990, n. 1, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attività , da presentare allo sportello unico del comune, laddove esiste, o al comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente, e non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti, riferiti alla presenza di altri soggetti svolgenti la medesima attività , e al rispetto dell'obbligo di chiusura infrasettimanale".