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Indici della Rassegna

Titolo
IMPOSIZIONE DEL VINCOLO STORICO ARTISTICO
Argomento
Edilizia e urbanistica
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17 giugno 2009 n. 3962; Riferimenti Normativi: - Artt. 1 e 3 della L. 1 giugno 1939 n. 1089
Testo
Uno dei principi cardine, che ha ispirato la giurisprudenza nella materia in questione, è che “presupposto per l’imposizione del vincolo diretto di cui agli articoli n. 1 e 3 della legge n. 1089 del 1939 è la dimostrata effettiva esistenza delle cose da tutelare, con la conseguenza che il relativo decreto si deve considerare illegittimo per carenza o errore nei presupposti ove si dimostri che nella zona vincolata in realtà non esiste alcun bene archeologico suscettibile di protezione”. Tuttavia il principio non può essere inteso in senso assoluto.
Infatti, è stato anche affermato come “l’imposizione del vincolo stesso non presuppone necessariamente che i reperti archeologici debbano essere materialmente trovati e portati alla luce”.
E più in particolare che “l’imposizione del vincolo storico-artistico ai sensi dell’art. 1 della suindicata L. non presuppone che su tutte le aree interessate siano avvenuti ritrovamenti di carattere archeologico o paleontologico, essendo sufficiente che l’amministrazione, sulla base dei dati in suo possesso, pervenga alla ragionevole conclusione che il sottosuolo contenga reperti non ancora portati alla luce”.
Il principio è stato ribadito dalla più recente giurisprudenza di questa sezione che ha affermato come sia legittima la sottoposizione a vincolo archeologico di un’intera zona, considerata come parco o complesso archeologico, anche se i reperti riportati alla luce siano stati rinvenuti soltanto in alcuni terreni vincolati, purché dalla motivazione del provvedimento di vincolo emergano le specifiche ragioni che giustificano una valutazione unitaria della zona di pregio archeologico e sia indicata specificamente l’ubicazione dei singoli reperti nelle varie particelle catastali della zona vincolata.
Per completezza d’indagine, va anche detto come la giurisprudenza ha sempre affermato che il provvedimento di imposizione di vincolo archeologico, costituisce espressione di valutazioni tecnico-discrezionali, sindacabili dal giudice amministrativo sotto il profilo della congruità e della logicità della motivazione.
Nel caso di specie la motivazione addotta dall’amministrazione appare immune dalle censure proposte nel ricorso in primo grado, infatti, la Soprintendenza Archeologica della Regione è pervenuta alla ragionevole conclusione che il sottosuolo contenga reperti non ancora portati alla luce, partendo dai dati ricavabili dalla letteratura, che già dai primi anni del secolo scorso avevano accertato la presenza nella località in questione di “una sontuosa villa suburbana che il Pesce identificò con la dimora di Sicca nella quale venne ospitato Cicerone durante la fuga da Roma”, che non sono stati accettati acriticamente ma sono stati posti a confronto con gli esiti delle indagini effettuate a mezzo di prospezioni geofisiche e carotaggi, che hanno interessato anche la particella del ricorrente.

Autore
Dott. Roberto Bongarzone
Data
venerdì 31 luglio 2009
 
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