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Indici della Rassegna

Titolo
PRESUPPOSTI PER IL RICONOSCIMENTO DEL MOBBING
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Tar Lombardia, Milano, Sez. I, Sent. 11 agosto 2009 n. 4581
Testo
La giurisprudenza civilistica ha operato la ricostruzione del concetto giuridico di mobbing ritenendo che con tale espressione si allude ad una condotta del datore di lavoro sistematica nel tempo e finalizzata all’emarginazione del lavoratore, che assume le caratteristiche di una persecuzione. L’illecito si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimenti, a prescindere dall’inadempimento di specifici obblighi previsti dalla normativa regolante il rapporto.
La sussistenza di una simile situazione deve essere desunta attraverso una complessiva analisi del quadro in cui si esplica la prestazione del lavoratore: elementi identificativi di una situazione mobbizzante sono la reiterazione di richiami e sanzioni disciplinari o la sottrazione di vantaggi precedentemente attribuiti; tali elementi devono presentarsi con carattere di ripetitività, sulla base di un intento sistematicamente perseguito da parte del datore di lavoro al fine di creare una situazione di sofferenza nel dipendente.
Ciò che quindi qualifica il mobbing è il nesso che lega i diversi atti e comportamenti del datore di lavoro, i quali in tanto raggiungono tale soglia in quanto si dimostrino legati da un disegno unitario finalizzato a vessare il lavoratore e a distruggerne la personalità e la figura professionale.
Il tratto strutturante del mobbing – tale da attrarre nell’area della fattispecie comportamenti che altrimenti sarebbero confinati nell’ordinaria dinamica, ancorché conflittuale, dei rapporti di lavoro – è la sussistenza di una condotta volutamente prevaricatoria da parte del datore di lavoro volta a emarginare o estromettere il lavoratore dalla struttura organizzativa. Consegue, in ordine all’onere della prova da offrirsi da parte del soggetto destinatario di una condotta mobbizzante, che quest’ultima deve essere adeguatamente rappresentata con una prospettazione dettagliata dei singoli comportamenti e/o atti che rivelino l’asserito intento persecutorio diretto a emarginare il dipendente, non rilevando mere posizioni divergenti e/o conflittuali, fisiologiche allo svolgimento di un rapporto lavorativo.
A tal fine, nel caso di specie, il ricorrente ha assunto che il comportamento attuato dall’amministrazione intimata per più di dieci anni gli ha cagionato danni biologici, morali, esistenziali e professionali, che meriterebbero un risarcimento, allegando sia copiosa documentazione a sostegno della patologia ansiosa depressiva sofferta, sia certificazioni fiscali attestanti la diminuzione del proprio status patrimoniale, oltre che dichiarazioni di soggetti vari, dalle quali si ricaverebbe l’intento persecutorio dell’amministrazione ed il peggioramento della sua vita professionale e di relazione.
Autore
Dott. Roberto Bongarzone
Data
lunedì 31 agosto 2009
 
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