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Indici della Rassegna

Titolo
E’ ILLEGITTIMA LA DELIBERA CON CUI UN COMUNE HA DECISO LA GESTIONE DIRETTA DEL SERVIZIO DI ILLUMINAZIONE VOTIVA DELLE AREE CIMITERIALI
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti giurisprudenziali: - Tar Emilia Romagna – Bologna, sezione I, sentenza 29 gennaio 2010 n. 460 Riferimenti normativi - Articolo 113 del D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267 - Articolo 23-bis del D.L. 25 giugno 2008 n. 112
Testo
Deve ritenersi illegittima per contrasto con il dettato normativo di cui all’art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267 e di cui all’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, la scelta operata da un Comune di esercitare nella forma dell’amministrazione diretta la gestione e manutenzione delle lampade votive all’interno dei cimiteri comunali.
Ha ritenuto il giudice adito che il servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali, costituisce un servizio pubblico locale a rilevanza economica a fruizione individuale, richiedendo l’impiego di capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore.
Tanto si evincerebbe dal D.M. 31 dicembre 1983 che ricomprendeva tra i c.d. servizi pubblici a domanda individuale proprio quello di illuminazione votiva, e risulta oggi confermato dalla norma generale sancita dall’articolo 172, comma 1 lett. e) del D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267 che impone di allegare al bilancio di previsione le deliberazioni con le quali sono determinate le tariffe per i servizi locali, nonché per quelli a domanda individuale, nonché i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 5 dicembre 2008 n. 6049).
A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 23 bis del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, l’affidamento mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, costituisce modalità ordinaria per la gestione dei servizi pubblici locali.
Solo in ipotesi eccezionali, e previo accertamento di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, che non permettano un efficace ed utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.
Ma in tal caso l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad analisi del mercato, e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per il parere di competenza, alla stregua di quanto previsto e disposto dalla norma di cui al comma 4 dell’art. 23 bis del D.Lgs 112/2008.
Il parere, necessitatamene preventivo all’adozione della deliberazione comunale di affidamento del servizio, deve essere reso dall’Autorità, nel termine di 60 giorni dalla ricezione della richiesta, salvo fissarsi nuovo termine per il completamento dell’istruttoria e rilascio del parere in caso di incompletezza delle informazioni trasmesse e richiesta di integrazione delle stesse. Per precipua disposizione normativa, decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.
Autore
avvocato Francesca Manili
Data
lunedì 15 febbraio 2010
 
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