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Indici della Rassegna

Titolo
REVOCA DELL’AGGIUDICAZIONE: PRESUPPOSTI E CONSEGUENZE.
Argomento
Appalti
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 21 aprile 2010 n. 2244 Riferimenti Normativi: - legge 241/1990
Testo
Secondo la vigente formulazione dell’art. 21-quinques della L. n. 241 del 1990 è ammissibile la revoca del provvedimento amministrativo se motivata da una rinnovata valutazione dell’originario interesse pubblico, infatti, non necessariamente debbono porsi a fondamento solo le sopravvenienze, reputandosi il precedente disposto normativo ampliato e rinnovato dalla novella del 2005.
L’intervento provvedimentale - seppur fondato su una migliore valutazione degli interessi in gioco – ha, comunque, come conseguenza il riconoscimento di un ristoro (indennizzo per il pregiudizio subito da provarsi a cura dell’interessato) e la omessa immediata liquidazione dell’importo, come oggi previsto, non è da valutare come momento di illegittimità del procedimento.
Di alcun rilievo è la qualificazione che l’amministrazione abbia dato al provvedimento, ovviamente e seguendo il consolidato orientamento che fa prevalere sulla forma la sostanza, deve osservarsi che il rilievo alla "opportunità" di rimuovere la precedente decisione sulla base della "accertata convenienza e opportunità di effettuare un intervento tecnicamente e qualitativamente diverso da quello previsto in precedenza” ha valenza qualificante ai fini di escludere che si ricada nella necessità di rimuovere un vizio di legittimità, propendendo così nella conferma della qualificazione dell’ atto in termini di revoca.
La revoca di provvedimenti amministrativi è, quindi, possibile non solo in base a sopravvenienze in fatto che consentono di offrire una rinnovata considerazione delle opportunità, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi).
La diversa determinazione dell’interesse trova presupposto nella necessità di procedere ad un intervento di carattere tecnico di dissimile consistenza e finalità la cui individuazione e scelta è lasciata all’ampia discrezionalità della pubblica amministrazione.
Indubbio che l’atto di revoca dovrà dare dimostrazione e riprova dell’avvenuta valutazione dell’affidamento dell’impresa privata e detto riscontro probatorio può essere dimostrato dalla considerazione dell’affievolimento dell’affidamento in considerazione della mancata consegna dei lavori e della valutazione che l’elemento temporale è tale da non precludere l’esercizio del potere di revoca.
Va aggiunto che la mancata liquidazione dell’indennizzo all’atto della disposta revoca non costituisce un vizio dell’atto di autotutela, ma consente al privato di agire per ottenerne la liquidazione.
La confermata legittimità del provvedimento di autotutela fa venire meno il presupposto su cui è stata fondata la domanda risarcitoria che va a riconnettersi solo all’illegittimità provvedimentale.
Non si pone in dubbio che anche un legittimo atto di revoca possa arrecare nocumento e, quindi, danni risarcibili e non meramente indennizzabili, ma è certo che la loro fonte trova derivazione non già direttamente dall’atto in sé, ma da eventuali illegittimità (procedimentali o di altro tipo) commesse dall’amministrazione.
Il corretto procedimento consente alla pubblica amministrazione di essere sollevata da incombenti ulteriori rispetto alla corresponsione del solo indennizzo (sempre se il privato abbia subito un pregiudizio) da rapportarsi all’esborso per l’avviop dei lavori o della fornitura e non l’integrale risarcimento del danno.
Autore
Data
venerdì 30 aprile 2010
 
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