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Indici della Rassegna

Titolo
OBBLIGO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DI PROVVEDERE - SILENZIO RIFIUTO
Argomento
Diritto amministrativo
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza 3 giugno 2010 n. 3487. Riferimenti Normativi: - Art. 2 L. 7 agosto 1990 n. 241; - Art. 21 bis L. 1034 del 1971.
Testo
Ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 241 del 1990 sussiste l’obbligo giuridico di provvedere in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l’adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni della Amministrazione.
Una volta avviato anche d’ufficio, un procedimento, l’Amministrazione ha, infatti, il dovere di concluderlo con un provvedimento espresso, diretto ad indicare, in modo trasparente, la decisione assunta, nell’ambito delle opzioni discrezionali consentite.
Va considerato che l’art. 2 della L. 241/90, come sostituito dal D.L. 14 marzo 2000 n. 35, convertito in L. n. 80/2005, prevede che ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso, sicché, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione cui è tenuta la P.A., il privato è titolare comunque di una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni che l’Amministrazione ritiene di dover adottare al riguardo.
In caso di silenzio da parte della P.A. l’art. 2, 5° comma della L. 241/90 prevede che il privato possa proporre ricorso finalizzato ad ottenere un pronunciamento senza necessità di una preventiva diffida all’Amministrazione inadempiente. Il medesimo comma prevede, inoltre, che il giudice amministrativo possa conoscere della fondatezza dell’istanza.
Tale espressione implica il permanere di limiti al sindacato giurisdizionale, anche perché il giudizio sul silenzio ha pur sempre carattere semplificato, sicché, ove siano necessari complessi accertamenti istruttori, il Giudicante non può che limitarsi a verificare l’esistenza di un obbligo di provvedere e a dare impulso ai successivi adempimenti di competenza dell’Amministrazione.
In questi casi, il ricorrente non potrà ottenere una pronuncia sulla fondatezza della propria istanza perché il sorgere della situazione soggettiva che si vuole conseguire è, strutturalmente, condizionata alla formazione di atti e provvedimenti non ancora esistenti o all’effettuazione di valutazioni discrezionali non ancora compiute.
Per completezza, corre l’obbligo osservare che il rito speciale introdotto dall’art. 21 bis, della L. 1034/71 (che ha per presupposto il comportamento inerte della P.A.) è esclusivamente preordinato ad ottenere dall’Amministrazione il rispetto dell’obbligo di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
Tale rito speciale non può, pertanto, essere utilizzato per proporre, unitamente al ricorso nei confronti del silenzio-rifiuto, azioni di accertamento e di condanna, trattandosi di azioni distinte, aventi diverso oggetto e per le quali, in relazione al diverso grado di complessità che normalmente le caratterizza, l’ordinamento ha predisposto differenti riti processuali, fra loro incompatibili.

a cura del Dott. Roberto Bongarzone

Autore
Data
martedì 15 giugno 2010
 
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