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Indici della Rassegna

Titolo
GIUDICATO DELLE SENTENZE E GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA
Argomento
Diritto amministrativo
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza 18 agosto 2010 n. 5817.
Testo
Il giudizio di ottemperanza promosso dal privato nei confronti dell’amministrazione pubblica deve essere respinto quando manca l’esatta indicazione dell’oggetto cui si riferisce. Com’è noto, l’oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell’esatto adempimento da parte dell’Amministrazione dell’obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione. Detta verifica, comporta da parte del giudice dell’ottemperanza una delicata attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando, attività da compiersi esclusivamente sulla base della sequenza “petitum – causa petendi – motivi – decisum”.
Con riferimento alla controversia in esame, ai fini della esatta individuazione dell’obbligo di corrispondere le somme al Sig. Giovanni Angelucci, cui era tenuto il comune, ciò che rileva è la differente definizione di reperibilità e ordinaria prestazione lavorativa.
La reperibilità, infatti, costituisce una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dall’ordinaria prestazione lavorativa, consistente nell’obbligo del lavoratore di porsi nella condizione di essere prontamente rintracciabile, al di fuori dell’ordinario orario di lavoro, in vista di una eventuale prestazione lavorativa e di raggiungere in un breve lasso di tempo il luogo di lavoro; l’obbligo di reperibilità non costituisce pertanto una prestazione di lavoro ed il periodo di tempo trascorso in tale peculiare situazione non dà pertanto diritto ad un trattamento economico corrispondente all’ordinaria prestazione lavorativa, ma solo ad una indennità, fissata dai contratti di lavoro, effettivamente proporzionata alla minore restrizione della libertà del lavoratore (fermo restando poi la retribuzione per l’attività lavorativa effettivamente svolta per la chiamata in servizio in conseguente reperibilità).
Non può trovare accoglimento la richiesta di ottenere anche il riconoscimento di ulteriori somme asseritamente spettanti per le prestazioni effettivamente rese, a titolo di ulteriore retribuzione, per lavoro straordinario, notturno e festivo, mancato riposo compensativo e danni, patrimoniali e non patrimoniali, non trovando esse alcuna espressa copertura nel giudicato formatosi della cui ottemperanza si tratta.
Il quadro normativo di riferimento si rinviene nell’art. 28 del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, il quale afferma che “Per le aree di pronto intervento, da stabilire in sede decentrata, l’ente può istituire il servizio di pronta reperibilità. Esso è remunerato con la somma di lire 15.000 per 24 ore al giorno. In caso di chiamata l’interessato dovrà raggiungere il posto di lavoro assegnato nell’arco di 30 minuti. Il dipendente non può essere messo in reperibilità per un periodo superiore a giorni 6 al mese”.
Conclusivamente, al ricorrente spettano l’indennità di cui al predetto articolo 28 del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, rapportate alle effettive ore in cui egli era stato obbligato ad attendere la eventuale chiamata in servizio per i soli giorni in cui erano state inserite nei turni di reperibilità, come correttamente liquidata dall’amministrazione comunale.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal signor Giovanni Angelucci per l’ottemperanza al giudicato formatosi sulla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, n. 493 del 6 febbraio 2007, lo respinge.

a cura della Dott.ssa Mercedes Petroni


Autore
Data
lunedì 30 agosto 2010
 
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