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Indici della Rassegna

Titolo
FORME DEL CONTRATTO IN CUI E’ PARTE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Argomento
Diritto amministrativo
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Corte di Cassazione, Sez. III, Sent. 28 settembre 2010 n. 20340.
Testo
L’atto in cui è parte una pubblica amministrazione è nullo se non riveste la forma scritta. La nullità per l’inosservanza del disposto dell’art. 1350 del c.c. è rilevabile anche d’ufficio per il preciso ed indefettibile disposto dell’art. 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440.
La forma scritta ad substantiam è intesa, infatti, quale garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa ed è posta sia nell’interesse del cittadino, sia nell’interesse della stessa P.A., rispondendo all’esigenza di identificare con esattezza la volontà delle parti ed il contenuto negoziale dell’atto rendendo possibile l’espletamento della indispensabile funzione di controllo da parte dell’autorità tutoria.
Non ha rilievo (secondo sia il giudice di merito, che di quello di legittimità) la condotta delle parti che pur abbiano dato dimostrazione, in fatto, della volontà di prosecuzione del rapporto (utilizzazione dei locali e pagamento di canoni regolarmente incassati dalla proprietaria) seppur in contrasto con la decisione del giudice che aveva dichiarato la risoluzione del contratto di locazione.
Corretta quindi la statuizione del giudice territoriale che non ha dato valenza alcuna agli atti posti in essere dall’Amministrazione in carenza della stipula di un contratto di locazione, a nulla rilevando sia gli atti deliberativi sia le comunicazioni volte a manifestare la volontà di ripristinare e prorogare il rapporto locativo. Secondo costante giurisprudenza non può reputarsi rispettato il requisito della forma scritta quando il consenso si formi in atti scritti successivi che si atteggino come proposta e accettazione tra assenti.
Nella fattispecie qui in esame esistevano, invero, gli estremi privatistici dell’ultrattività del rapporto tale da poter considerare in essere il contratto laddove una parte non fosse stata una pubblica amministrazione per la quale vige il principio generale fondamentale che non possono concludersi contratti se non nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti.
Certo che all’esito dell’accertata inesistenza del rapporto la parte ha azione per richiedere fondatamente il risarcimento del danno da occupazione senza titolo dando dimostrazione del depauperamento subito e, quindi, del canone che avrebbe percepito nel libero mercato e tenuto conto dello stato di manutenzione del bene oltre che della corretta utilizzazione dello stesso e della conformità con le norme poste a garanzia del corretto uso laddove sia parte una pubblica amministrazione che lo adibisca per i fini istituzionali.
A tal proposito mette conto precisare che il disposto della forma richiesta ad substantiam (richiesta a pena di nullità) non è superabile neppure per la rinnovazione tacita del contratto di locazione.
Se è vero che l’art. 17 del R.D. 2440 del 1923 ammette la conclusione di contratti con ditte commerciali anche a mezzo di scambio di corrispondenza, è vero che tra tali contratti non rientra - palesemente – né il contratto di locazione, né il contratto di fornitura idrica, né quello di appalto di opere pubbliche (per il quale si ha necessità di accordi specifici e complessi, tali da impedire che il consenso sia individuabile con lo scambio di corrispondenza) né il conferimento di incarico professionale avente ad oggetto opere di progettazione.
E’ indubbio che la deroga va letta e riferita sia alla regola contenuta negli artt. 16 e 17 del sopraccitato R.D. e tale previsione limitativa - invocabile soltanto in quei negozi in cui sia abbia esigenze di praticità - non può ricavarsi la regola che in qualsiasi contratto della p.a. la forma scritta "ad substantiam" possa ritenersi osservata se il consenso si formi in base a atti scritti successivi atteggiatisi come proposta e accettazione tra assenti.
a cura dell’Avv. Maria Teresa Stringola

Autore
Data
sabato 30 ottobre 2010
 
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