Indici della Rassegna
	
	    Titolo
	    DISTANZE TRA FABBRICATI 
	 
	
	    Argomento
	    Edilizia e urbanistica 
	 
	
	    Abstract
	    Riferimenti Giurisprudenziali:	
-	Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza 02 novembre 2010 n. 7731.
 
	 
	
	    Testo
	    Le distanze  tra fabbricati sono disciplinate dal Codice Civile, dallâarticolo 873 al 907, per quello  che  riguarda   le  distanze   minime  da  rispettare.  Infatti  la  legislazione  locale,  come  i Regolamenti Edilizi, le leggi ambientali regionali, le distanze di sicurezza dagli impianti e anche il codice della strada, possono imporre delle distanze superiori.
Il Codice Civile stabilisce che, le costruzioni su fondi finitimi, se non unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metrii. A questo principio possono esserci delle eccezioni: una sentenza della Cassazione ha, infatti, stabilito che se câè accordo tra i vicini si può anche derogare a questa distanza minima. Naturalmente ciò non è possibile quando la distanza tra gli edifici è indicata da un Regolamento Edilizio locale, come è nella prassi, quindi si tratta di una eventualità molto rara.
Unâaltra  eccezione  può  essere  rappresentata  dallâusucapione.  Se due  edifici  si  trovano  ad una distanza inferiore  a tre metri da  oltre ventâanni  e nessuno  dei  due  proprietari  ha  mai  presentato obiezione, si acquisisce il diritto a mantenere questa distanza.
 Importante è sapere cosa si intende per costruzioni  (manufatti da dove bisogna misurare la distanza). 
Sono considerate   costruzioni,   tutti   gli elementi   strutturali   (muri,  travi,  pilastri,  scale, ecc.) le sporgenze, invece,  come i balconi sono interpretati in maniera diversa dai vari regolamenti.
I terrapieni ed i muri di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono "nuove costruzioni" idonee ad incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine.
L'art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444,  detta le  disposizioni  in  tema  di distanze tra le costruzioni, prescrivendo la distanza di dieci metri tra le pareti finestrate  di edifici  antistanti  e la deroga alle distanze minime, di cui allâart. 9 precedentemente citato,  è consentita solo nel caso di approvazione di piani particolareggiati o di lottizzazioni convenzionate, e non anche per gli interventi edilizi diretti che siano consentiti dallo strumento urbanistico. 
Tale norma , laddove prescrive la distanza di dieci metri tra le pareti finestrate di edifici antistanti, va osservata in tutti i casi,  perché vota ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico â sanitario e, pertanto, non è eludibile neanche  dal giudice, al quale non è lasciato alcun margine di discrezionalità.
   Ai fini del computo delle distanze, sostengono i Giudici della IV sezione del Consiglio di Stato,  assumono rilievo tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione, aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione, salvo che non si tratti di sporgenze e di aggetti di modeste dimensioni con funzione meramente decorativa e di rifinitura, tali da potersi definire di entità trascurabile rispetto allâinteresse tutelato dalla norma riguardata nel suo triplice aspetto della sicurezza, della salubrità e dellâigiene.  
                                                                                
a cura del Geom. Renzo Graziotti 
 
	 
	
	
	    Data
	    lunedì 15 novembre 2010 
	 
 
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