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Indici della Rassegna

Titolo
CLAUSOLA DI STAND STILL E PERDITA DI CHANCE
Argomento
Appalti
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Tar Piemonte, Sez. II, Sentenza 29 ottobre 2010 n. 3939. Riferimenti Normativi: - Art. 10 e 121 del D.Lgs. n. 163/01 (Codice dei Contratti Pubblici); - Art. 1223 del Codice Civile.
Testo
La violazione della clausola di "stand still" [disciplinata dall’articolo 11, comma 10 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici)] sussiste quando il contratto di appalto viene stipulato il giorno stesso in cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva, senza che la stazione appaltante abbia rispettato il termine dilatorio di 30 previsto dalla normativa in materia (e sopra richiamata).
La violazione da parte della stazione appaltante, dell’obbligo di “stand still” non comporta, tuttavia, l’automatica declaratoria di inefficacia del contratto di appalto (di cui all’articolo 121 del D.Lgs. n. 163/2006) nel caso in cui gli accertati vizi (nella specie concernenti la composizione della commissione giudicatrice della gara) siano autonomamente idonei a determinare la caducazione dell’intera procedura di evidenza pubblica. La natura extra-contrattuale, dell’illecito compiuto dall’amministrazione nell’esercizio dell’attività provvedimentale, determina la conseguenza che incombe al danneggiato la prova di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito ai fini del risarcimento del danno.
A tale riguardo il pregiudizio risarcibile si compone, secondo l'art. 1223 c.c., del danno emergente e del lucro cessante: e cioè della diminuzione reale del patrimonio del privato, per effetto di esborsi connessi alla partecipazione al procedimento, e della perdita di un'occasione di guadagno. Se per la prima voce di danno non si pongono particolari problemi nell'assolvimento dell'onere della prova (in quanto è sufficiente documentare le spese sostenute), per la seconda (lucro cessante) si configurano, viceversa, rilevanti difficoltà, per superare le quali può utilmente farsi ricorso a criteri presuntivi: a patto, però, che il ricorrente danneggiato alleghi gli elementi di fatto e gli indizi sulla cui base possono individuarsi i parametri presuntivi di determinazione del danno.
In proposito, un consolidato orientamento giurisprudenziale, sostiene che la perdita di chance venga riconosciuta nella misura del 10% dell'importo a base d'asta, per come eventualmente ribassato dall'offerta dell'impresa interessata.
Occorre, tuttavia, ancora distinguere la fattispecie in cui il ricorrente riesce a dimostrare che, in mancanza dell'adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara dai casi in cui non è possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l'esito della procedura in mancanza della violazione riscontrata.
Nella prima ipotesi spetta, evidentemente, all'impresa danneggiata un risarcimento pari al 10% del valore dell'appalto (come ribassato dalla sua offerta). Viceversa, quando il ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria (e cioè quando non riesce a provare che l'aggiudicazione dell'appalto spettava proprio a lui, secondo le regole di gara), la somma commisurata all'utile d'impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura. Al fine di operare tale decurtazione vanno valorizzati tutti gli indici significativi delle potenzialità di successo del ricorrente, quali, ad esempio, il numero di concorrenti, la configurazione della graduatoria eventualmente stilata ed il contenuto dell'offerta presentata dall'impresa danneggiata.
a cura del dott. Roberto Bongarzone

Autore
Data
lunedì 15 novembre 2010
 
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