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Indici della Rassegna

Titolo
RESPONSABILITA’ DELL’AUTOMOBILISTA PER I DANNI OCCORSI AL PROPRIO MEZZO SE È PROVATA UNA CONDOTTA IMPRUDENTE
Argomento
Diritto civile
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza 29 novembre 2010 n. 24149.
Testo
La condotta tenuta da un automobilista, caratterizzata da eccesso di velocità, da rapportare allo stato dei luoghi, interrompe il nesso causale fra la presenza dei lavori o di macchie di olio, ancorché non segnalati, ed il danno che ne è conseguito.
Il detto comportamento è idoneo ad escludere la responsabilità dell’ente proprietario della strada atteso che anche la condotta colposa del danneggiato può rivestire gli estremi del caso fortuito, capace di interrompere il richiesto nesso causale.
Pur mantenendo inalterato il principio - di carattere normativo e giurisprudenziale (in aderenza al disposto dell’art. 2051 del cod. civ.) - della responsabilità della pubblica amministrazione per gli incidenti su strada pubblica ( in adesione alla diretta riferibilità per i danni da cose in custodia), la stretta correlazione viene meno in conseguenza del particolare comportamento tenuto dall’utente della strada.
Vero, quindi, che grava sul custode la presunzione di responsabilità, vero però che la detta presunzione può essere superata con la prova che il fatto lesivo è originato da caso fortuito, ossia da evento non previsto, né prevedibile, né evitabile.
Pur provando che il fondo stradale è dissestato e che è palesemente carente ogni segnalazione dei lavori in corso, l’addebitabilità dell’evento non può che essere riferita all’eccesso di velocità del conducente l’auto, velocità che ai sensi del disposto degli artt. 140, 141 e 143 del codice della strada deve essere consona allo stato in cui al momento versano i luoghi.
Ai sensi del disposto di cui agli artt. 2043 e 2697 cod. civ., è da porsi a carico del conducente l’onere di dimostrare che la situazione del fondo stradale costituiva pericolo occulto e non prevedibile (c.d. insidia o trabocchetto).
La Suprema Corte ha statuito che laddove le “modalità del sinistro sono tali da dimostrare che la condotta di guida dell’automobilista - la cui auto si è ribaltata in conseguenza dell’impatto con il fondo stradale dissestato - è stata talmente imprudente, per eccesso di velocità, da interrompere il nesso causale fra la presenza dei lavori, ancorché non segnalati, ed il danno che ne è conseguito” il comportamento dell’automobilista è una causa idonea ad escludere la colpa dell’ente proprietario della strada che va esente dichiarata carente di responsabilità se prova che il danno sia stato provocato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi e che non potevano essere eliminate nemmeno con l'uso della normale diligenza.
Il caso fortuito è scriminante della responsabilità del custode.
E la p.a. con la dimostrazione di aver eseguito i normali controlli sulla strada non incorre in fatto omissivo, atteso che è unanimemente riconosciuto che i detti controlli “non possono essere eseguiti 24 ore su 24, per tutti i giorni dell'anno e su ogni metro dell'estesa rete stradale di cui la P.A. è proprietaria o gestore”.
Se poi risulta evidente che l’insidia interessava la parte centrale della sede stradale e l’utente avesse rispettato le prescrizioni di legge e si fosse quindi tenuto "in prossimità del margine destro" della carreggiata (cfr. il 1° comma dell'art. 143 C.d.S.) del fatto lesivo non può darsi responsabilità alla pubblica amministrazione.

a cura dell’Avv. Maria Teresa Stringola

Autore
Data
mercoledì 15 dicembre 2010
 
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