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Indici della Rassegna

Titolo
PUBBLICO IMPIEGO - AVVOCATO
Argomento
Pubblico impiego
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Corte di Giustizia Unione Europea, Sentenza C-225/2009. Riferimenti normativi: - Legge n. 339 del 2003.
Testo
Il legislatore italiano impone ai dipendenti pubblici di scegliere se mantenere il rapporto d’impiego, ovvero, nell’ipotesi in cui abbiano ottenuto l’iscrizione all’albo degli avvocati, di esercitare tale professione.
In caso di mancata comunicazione all’ordine di appartenenza, questo ultimo procede alla cancellazione d’ufficio dell’iscritto.
L’incompatibilità si applica pure nei confronti del dipendente pubblico con contratto part – time il quale ha scelto di esercitare la professione forense, avendo diritto alla riammissione in servizio presso la pubblica amministrazione a tempo pieno entro cinque anni ricoprendo nuovamente la qualifica posseduta al momento dell’opzione.
Questa regolamentazione legislativa è stata oggetto di valutazione ad opera della Corte di Giustizia Europea, che ha riconosciuto la perfetta compatibilità della disposizione nazionale sia al Trattato sulla libera concorrenza sia alla direttiva CEE relativa all’esercizio della professione forense.
La normativa italiana non è altro che una specificazione dell’art. 8 Direttiva 98/5 il quale regola l’attività di soggetti come gli avvocati, nell’intento di prevenire possibili conflitti che potrebbero ingenerarsi qualora si dia la possibilità a particolari categorie di professionisti di poter contemporaneamente essere iscritti in albi ed essere impiegati presso un’associazione o società di avvocati, un’impresa pubblica o privata.
La preclusione della legge italiana alla possibilità del doppio ruolo, quindi, perfettamente rientra nelle regole della Direttiva CEE e la circostanza di una normativa nazionale restrittiva non può essere censurabile.
L’aspetto centrale della figura del legale è quella della sua totale indipendenza nei confronti di chiunque ed a maggior ragione nei riguardi dei poteri pubblici e questo giustifica la necessità della scelta tra l’esercizio della libera professione e quello di dipendente pubblico.
Trattandosi di direttiva, essa trova applicabilità nel momento in cui viene recepita in tutti gli Stati membri, pertanto le norme nazionali, compatibili con quelle europee, si estendono a tutti coloro che sono iscritti negli albi di uno Stato membro prescindendo dal Paese in cui hanno conseguito il titolo.
Ne consegue che il divieto di esercizio concomitante dell’impiego si estende non solo ai cittadini italiani, ma a chiunque sul territorio nazionale eserciti la professione a prescindere dall’essere cittadino di altri Paesi.
Lo Stato ospitante può imporre agli avvocati che siano impiegati presso un’associazione o società di avvocati ovvero presso un’impresa pubblica restrizioni alla concomitante attività forense e quella di pubblico impiegato, avendo la restrizione, come unico obiettivo quello di prevenire qualsiasi conflitto nell’esercizio dell’attività professionale.

a cura del dott. Stefano Grasselli

Autore
Data
mercoledì 15 dicembre 2010
 
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