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Indici della Rassegna

Titolo
CORRESPONSIONE SOMME ED ACCORDI TRANSATTIVI
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13 gennaio 2011, n. 160.
Testo
Allorquando sia dichiarato il dissesto finanziario di un Ente e i dipendenti, ex dipendenti o eredi di dipendenti di esso raggiungano un protocollo transattivo d’intesa sulle somme loro spettanti, sottoscrivendo una clausola del seguente tenore letterale e giuridico:” il mancato pagamento del saldo della somma transatta implicherà la risoluzione di diritto del presente accordo e delle conseguenti transazioni“ ; non si potrà successivamente chiedere ed ottenere una pronuncia da parte del giudice competente volta ad affermare che vi sia stato inadempimento da parte dell’amministrazione agli obblighi scaturenti dalla transazione stessa, neppure nel caso in cui tali obblighi riguardino il ritardato adempimento e il ridotto pagamento degli acconti.
In particolare, la Commissione straordinaria di liquidazione dell’amministrazione provinciale, datore di lavoro, a fronte della loro rinuncia a parte dei diritti riconosciuti con la decisione giurisprudenziale di primo grado, si obbligava “ ad ammettere nominalmente il credito”.
Nella fattispecie non sono stati individuati i presupposti per l’applicazione dell’ art. 2113 c.c., stante la differenza ontologica tra l’obbligazione indisponibile, di cui parla la detta norma, e quella qui in discussione. Il credito è quindi integralmente rimesso alla disponibilità delle parti.
In vero, il regime di parziale indisponibilità dei diritti del prestatore di lavoro, sancito dal codice civile al suddetto articolo, non vale per i crediti riconosciuti in una sentenza di primo grado. Deve infatti ritenersi che successivamente alla emissione di un provvedimento giurisdizionale oggetto di appello l’eventuale rinuncia del privato non concerne più il credito retribuito ma il credito nascente dalla sentenza.
La presenza di un potere di disposizione del diritto de qua trova supporto nel principio codicistico secondo cui: “il regime di parziale indisponibilità dei diritti del prestatore di lavoro sancito dall'articolo 2113 del codice civile non vale per i crediti riconosciuti in una sentenza di primo grado. Ed invero successivamente alla emissione di un provvedimento giurisdizionale oggetto di appello l'eventuale rinuncia del privato non concerne più il credito retributivo ma il credito nascente dalla sentenza. In tale caso, l'accordo transattivo con il quale le parti concordino, per un verso, la rinuncia del dipendente a parte dei diritti riconosciuti con la decisione e, per altro verso, la rinuncia al gravame da parte dell'amministrazione deve ritenersi del tutto valido”
Tuttavia, il Supremo Consesso ha valutato positivamente la censura in punto di rito degli odierni appellanti sull’inammissibilità per mancato adempimento nel termine del 15 settembre 2000 stabilito dagli artt. 45, c. 17 d.lgs n. 80 del 1999 e 69, c. 7 d.lgs n. 165 del 2001. Infatti, come già sostenuto dalla sezione seconda di questo Consiglio di Stato, in materia di pubblico impiego cd. privatizzato il ricorso al T.A.R. notificato prima del 15 settembre 2000 ma depositato dopo tale data deve considerarsi pienamente ammissibile.
Conclusivamente, si può sostenere che, il fulcro dell’intera vicenda sta nell’ interpretazione che si vuole dare alle clausole contenute nell’atto di transazione, che è atto complesso, formato da un protocollo d’intesa intervenuto in data 23 settembre 1996 e da singoli verbali di conciliazione che al primo si richiamano.
a cura della dott.ssa Mercedes Petroni
Autore
Data
lunedì 31 gennaio 2011
 
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