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Indici della Rassegna

Titolo
SANZIONI DISCIPLINARI
Argomento
Pubblico impiego
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza 07 gennaio 2011 n. 25. Riferimenti Normativi: - D.Lgs. n. 29 del 1993.
Testo
Il lavoro del pubblico dipendente deve essere improntato alla completa trasparenza ed onestà, essendo l’attività posta al servizio esclusivo della collettività intera.
Il principio informatore, che trova nei contratti collettivi nazionali la sua specifica applicazione, è quello della proporzionalità tra la condotta tenuta e la sanzione irrogata, individuate tutte specificamente nei contratti medesimi.
Ciò che assume rilievo in ambito disciplinare è la oggettiva gravità del comportamento, sulla base del quale viene commisurato il provvedimento che tiene conto dell’eventuale recidiva nella condotta antigiuridica.
Nei confronti del pubblico dipendente, un isolato comportamento può giustificare la misura più grave del licenziamento qualora i fatti commessi possano essere di gravità tale da comprovare l’inesistenza delle caratteristiche morali che possano giustificare la continuazione del rapporto lavorativo.
Ma, in considerazione proprio del principio della proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta tenuta, l’Amministrazione non può procedere all’irrogazione della pena più grave, qualora il dipendente ha per la prima volta tenuto una condotta antigiuridica, che possa essere identificata come un disdicevole comportamento.
L’ applicabilità della sanzione deve essere il frutto di una corretta valutazione dei fatti commessi; ponderazione in grado poter giustificare una sanzione differente rispetto a quella massima.
E’ principio costante ed uniformemente affermato in giurisprudenza quello secondo il quale non si può prescindere nella determinazione della sanzione da irrogare, della proporzionalità e della prassi amministrativa, essendo la proporzione tra addebito e sanzione un elemento espressivo della civiltà giuridica.
Qualora si irroghi una pena sproporzionata si violerebbe la regola, considerata assoluta, della gradualità e ragionevolezza, non potendosi giustificare il mancato rispetto di questo principio in base alla circostanza della particolare natura che riveste la figura del dipendente pubblico.
Nulla esclude che la violazione dei doveri implichi una lesione del rapporto tra il lavoratore e la collettività, ma le violazioni non possono essere considerate e conseguentemente sanzionate, tutte nel medesimo modo, risultando necessariamente differente l’incidenza della violazione sui doveri di fedeltà e lealtà essendo, per di più, maggiormente evidente il differente livello di carenza delle qualità morali e caratteriali tra le varie fattispecie.
Pertanto una sanzione che preveda il licenziamento di un lavoratore pubblico sulla base della contestazione di un solo comportamento censurabile, potrà risultare sproporzionato e conseguentemente annullato in sede giurisdizionale.

a cura del dott. Stefano Grasselli

Autore
Data
martedì 15 febbraio 2011
 
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