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Indici della Rassegna

Titolo
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA – INCARICHI PROFESSIONALI IN VIOLAZIONE DI NORME IMPERATIVE – REVOCA – COSTITUISCE ATTO DOVUTO
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 3 febbraio 2011, n. 780.
Testo
La Pubblica Amministrazione deve sempre evitare di affidare un incarico professionale, ovvero concludere un contratto, contrastante con norme imperative e precisamente: a) deve interrompere la trattativa privata avviata quando sia prescritta la gara ad evidenza pubblica; b) deve annullare gli atti se il previsto incarico di per sé risulta in contrasto con una norma imperativa. E’ quanto ribadisce il Consiglio di Stato con la sentenza evidenziata in epigrafe.
Si dice imperativa una norma giuridica che trova sempre applicazione e non può essere derogata dalla diversa volontà della parti. Di conseguenza l'atto giuridico difforme da una norma imperativa è sempre invalido.
In considerazione della loro funzione, le norme imperative sono poste nell'interesse pubblico e sono tipiche del diritto pubblico. Negli ordinamenti odierni è sempre più frequente il ricorso a norme imperative nei casi in cui l'ordinamento giuridico ritiene di limitare l'autonomia privata delle parti a tutela di un preminente interesse pubblico.
Nel caso specifico il Ministero delle Politiche Agricole aveva indetto una gara avente ad oggetto la fornitura dei servizi legali.
Successivamente, a seguito dell’acquisizione del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato (che, dopo aver chiarito che la decisione di affidare il servizio di che trattasi a studi legali non rispettava l’art. 1 del R.D. n. 1611/1933, ha proposto allo stesso Dicastero di procedere alla revoca, in autotutela, del bando di gara), il Ministero, con decreto n. 9608 del 27 novembre 2008, ha revocato il bando di gara in argomento (provvedimento impugnato dalle parti sia in primo grado - TAR - che in appello - C.d.S.).
Il citato testo unico n. 1611 del 1933, infatti, preclude radicalmente (laddove esiste una Avvocatura interna) alle Pubbliche Amministrazioni di designare un professionista del libero foro con oneri a carico dell’ente.
Il provvedimento ministeriale è perciò espressione non di semplice ripristino della legalità, con un atto meramente discrezionale, ma di doverosa osservanza di un obbligo inderogabile di legge, oltre che di rispetto delle funzioni legalmente svolte dalla Avvocatura (che neppure potrebbe rinunziarvi), cui si ricollegano anche rilevanti problemi di spesa pubblica; con la conseguenza che deve ritenersi in re ipsa l’interesse alla rimozione del provvedimento illegittimo. Infatti, l’ordinamento da un lato apprezza con favore il ritorno alla legalità, prevedendo i poteri di autotutela dell’Amministrazione, dall’altro non prende in favorevole considerazione – sotto il profilo di possibili pretese risarcitorie - la posizione di coloro che, coinvolti nella trattativa privata o nella gara finalizzate alla stipula del contratto che si rilevi contra legem, abbiano consapevolmente o colposamente aderito alla iniziativa illegittima dell’Amministrazione
Oltre dunque alle considerazioni sopra riportate sulla rilevanza in sé delle norme imperative (ciò che già rileverebbe per escludere un legittimo affidamento), nel caso in esame, sostengono i Giudici di Palazzo Spada, è proprio la qualità dei professionisti coinvolti che avrebbe dovuto da subito far loro constatare la manifesta illegittimità della iniziale determinazione dell’Amministrazione: ciò evidenzia non solo la mancanza di un legittimo affidamento, ma anche la loro colpa professionale, dal momento che rientra – o deve rientrare - nel bagaglio di comune conoscenza degli avvocati la regola per cui le Amministrazioni Pubbliche si avvalgono e si devono avvalere (laddove presente) del patrocinio della Avvocatura interna.
a cura del Geom. Renzo Graziotti
Autore
Data
martedì 15 febbraio 2011
 
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