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Testo
I MEMBRI DELLA COMMISSIONE ESAMINATRICE DEVONO ESSERE IN NUMERO DISPARI
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Tar Lazio, Roma, Sez. I bis, sent. 9 febbraio 2012 n. 1321
Il ricorso ha ad oggetto la illegittima composizione della Commissione esaminatrice in quanto i commissari nominati per la valutazione delle offerte, nella fattispecie sottoposta all’esame dei giudici amministrativi, erano in numero pari e non in numero dispari. Inoltre nessuno dei quattro commissari presentava una competenza tecnica adeguata all’oggetto dell’appalto, mentre la commissione ha illegittimamente affidato ad organi terzi la valutazione delle offerte.
Premesso che l’esame di tale censura assume una pregnante rilevanza sull’intera procedura di gara, va osservato come l’art. 84 del nuovo codice dei controlli pubblici approvato con il D. L.vo n. 163 del 2006, in recepimento delle direttive comunitarie, abbia disciplinato in modo uniforme la composizione della Commissione di gara per ogni procedura ad evidenza pubblica. Il Collegio, sulla scorta di una giurisprudenza amministrativa da cui non ha motivo di discostarsi rileva, nel caso in esame, l’illegittima composizione della Commissione di gara i cui membri risultano in numero pari (quattro), mentre le Commissioni stesse debbono necessariamente essere composte di un numero dispari onde assicurare la funzionalità del principio maggioritario per la formazione del quorum strutturale ai fini del calcolo della maggioranza assoluta dei componenti (cfr. CONS. STATO – SEZ. V – 6 apirle 2009 n. 2143 – SEZ. VI – 22 ottobre 2007 n. 5502). Al suddetto requisito non risponde la Commissione giudicatrice di cui trattasi, composta da quattro membri e dal segretario verbalizzante, che, in quanto tale, era privo del diritto di voto. Per completezza di indagine, premesso che tale principio non appare assoluto, nel senso che possono prevedersi dei correttivi, in caso di parità delle votazioni, come quello della prevalenza del voto del presidente, va osservato che nel caso di specie il bando nulla prevedeva, determinando in questo modo quella possibilità di stallo valutativo che il principio del numero dispari dei componenti della commissione aggiudicatrice tende ad evitare.
AGEVOLAZIONE PRIMA CASA
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Corte di Cassazione, sez. VI, Ordinanza. 2 febbraio 2012 n. 1530
Con l’ordinanza in epigrafe i giudici della Suprema Corte hanno espresso il seguente principio “in tema di imposta di registro, è elusione fiscale beneficiare delle agevolazioni prima casa senza possedere la residenza anagrafica o il lavoro nel comune dove è ubicato l’immobile, in quanto solo il dato anagrafico o il lavoro danno diritto al risparmio d’imposta”.
La giurisprudenza di legittimità si è consolidata nel ritenere che, in tema di agevolazioni tributarie e con riguardo ai benefici per l’acquisto della “prima casa”, la legge prevede, tra le altre condizioni, che l’immobile venga acquistato nel comune di residenza o in quello in cui si svolge l’attività lavorativa del compratore. La lettera e la formulazione della norma dell’articolo 1, nota 2-bis, del Dpr 131/1986, portano, infatti, a escludere la possibilità di dare rilevanza giuridica alla realtà fattuale, ove in contrasto con il dato anagrafico (Cassazione 1173/2008).
Il dato letterale, trova, peraltro, conferma e logico riscontro nelle ulteriori disposizioni della norma, laddove sono previsti gli unici due casi in cui, eccezionalmente, può farsi a meno del dato anagrafico della residenza, ritenendosi meritevole di considerazione la situazione fattuale e, in particolare, quello in cui l’immobile da acquistare sia ubicato nel comune ove il contribuente “svolge la propria attività” e quell’altro, trattandosi di soggetto “trasferito all’estero per ragioni di lavoro”, in cui “ha sede l’impresa da cui dipende”. E’ evidente, perciò, che essendo stati espressamente indicati i casi eccettuati in cui, in deroga alla ordinaria previsione, il beneficio può essere riconosciuto sulla base del presupposto fattuale, un’interpretazione della norma, rispettosa dei canoni ermeneutici, induce a escludere la possibilità di estendere il beneficio ad altre casistiche non contemplate (Cassazione n. 8377/2001).
Nella stessa ordinanza 1530/2012, la Cassazione conclude affermando che il principio fatto valere è dettato in chiara funzione antielusiva, per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, certificativo della situazione di fatto enunciata nell’atto di acquisto.
Occorre precisare, a quest’ultimo riguardo, che viene comunemente definito come abuso del diritto o elusione fiscale quell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di cassazione (che non trova ancora rispondenza in precise norme di diritto positivo) che permette all’Amministrazione finanziaria di recuperare le maggiori imposte su operazioni commerciali, spesso complesse, che, pur non contravvenendo a disposizioni legislative, possono essere ritenute come illegittime in quanto permettono un indebito risparmio fiscale (cfr Cassazione 25537/2011, 18907/2011, 14231/2011).
Il trascritto principio comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione.
Talle divieto è ormai assurto al rango di principio generale antielusivo, finalizzato a garantire la piena e compiuta applicazione del sistema comunitario di imposta.

CONTRIBUTI COMUNITARI: CONTRATTO SCRITTO PER L’USO DEI TERRENI
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Consiglio di Stato, sez. III, sent. 3 febbraio 2012 n. 629)
Se il contratto per l'uso dei terreni a pascolo non è stato redatto in forma scritta, ai fini del beneficio dei contributi comunitari, a nulla vale la dichiarazioni d'intenti del Presidente della Comunità montana alla proroga della concessione né il fatto che siano stati regolarmente versati i relativi canoni.


L’APPROVAZIONE DEL PIP DEVE ESSERE PRECEDUTA DALL’APPOSIZIONE DEL VINCOLO PREORDINATO ALL’ESPROPRIO.

Riferimenti Giurisprudenziali:
-TAR Toscana, Sezione I, Sentenza n. 2065 del 27 dicembre 2011

Ai sensi dell’articolo 8 del DPR 8 giugno 2001, n. 327, il procedimento espropriativo, che culmina nel decreto di esproprio, deve articolarsi in tre necessarie fasi, indicate dalla norma evocata. La prima fase attiene all’apposizione sul bene da espropriare del vincolo preordinato all’esproprio, cui segue la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e infine la determinazione in via provvisoria dell’indennità di espropriazione. Gli articoli 9 e 10 del DPR 327 del 2001 precisano quindi quali sono gli atti attraverso i quali può essere disposto il vincolo pre-espropriativo, individuati nella approvazione di uno strumento urbanistico generale o sua variante (che preveda la realizzazione dell’opera pubblica) ovvero mediante conferenza di servizi, accordo di programma o altra intesa che comporti la variante al piano urbanistico. L’approvazione del PIP deve essere preceduta dalla valida apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, tale non potendosi considerare la previsione da parte degli strumenti urbanistici dell’area interessata come “a prevalente carattere produttivo” da trasformare “attraverso piani particolareggiati d’iniziativa pubblica e/o privata” (come da Piano Strutturale), trattandosi di previsioni conformative e non pre-espropriative, come dimostra la prevista realizzabilità anche ad iniziativa privata. D’altra parte l’approvazione del “piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi” è prevista dall’articolo 12, comma 1, lettera a) del DPR 327 del 2001 come dichiarazione di pubblica utilità, quindi come secondo momento della procedura espropriativa, che presuppone a monte il vincolo preordinato all’esproprio. Ciò è conforme peraltro alla natura di atto attuativo che caratterizza il PIP previsto dall’articolo 27 della legge n. 865 del 1971 (in termini Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2011, n. 6363), che vale quindi come piano particolareggiato di esecuzione ma che ha bisogno della previsione pianificatoria a monte che ponga il vincolo pre-espropriativo.


















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Data
mercoledì 15 febbraio 2012
 
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