Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. 27 febbraio 2012 n. 1106
La questione sottoposta allâesame del Collegio concerne lâordine di immediata rimozione di un chiosco, adibito a rivendita di giornali, emesso da un Comune. Il ricorso avverso tale provvedimento è stato respinto dal Tribunale Amministrativo Regionale in considerazione della constatata mancanza del titolo abilitativo idoneo per la realizzazione del manufatto e del parere della Soprintendenza, che rilevava lâimpatto prospettico del chiosco rispetto alla visuale dellâimmobile tutelato.
Con lâatto di appello in esame si contesterebbe la circostanza di non avere tenuto in debito conto il rilascio di "plurimi provvedimenti", in base ai quali dovrebbe ritenersi legittimata lâinstallazione del chiosco di cui trattasi (concessioni per la concessione di suolo pubblico e per il relativo ampliamento, nonché atto di autorizzazione per la vendita al minuto di articoli di cartoleria, giornali e riviste).
In presenza di un abuso edilizio da rimuovere, peraltro, non sarebbe stata congrua la manifestata disponibilità del Comune "a concedere lâautorizzazione allo spostamento in altra area da concordare", senza comunque dare poi seguito a tale affermazione. Il provvedimento sanzionatorio, inoltre, non avrebbe potuto essere emesso senza previo annullamento, in via di autotutela, dei "provvedimentiâ¦.ampliativi e legittimanti per la ricorrente", non potendosi "ordinare la rimozione di unâopera, la cui esistenza è tuttavia legittimata da altro atto amministrativo, a sua voltaâ¦.pienamente legittimo ed efficace". Confermerebbe la legittimità del manufatto realizzato la dicitura, contenuta nellâatto di concessione, secondo cui il titolo in questione veniva rilasciato fino al 31.12.1989 e si sarebbe rinnovato tacitamente negli anni successivi "salvo però il diritto dellâAmministrazione comunale di far rimuovere il manufatto, ove esigenze diverse lo rendano necessario", con conseguente giusto titolo della concessionaria a partecipare al procedimento, conclusosi con lâemanazione dellâingiunzione impugnata.
Quanto al parere della Soprintendenza, il vizio di legittimità consisterebbe nellâerronea valutazione di abusività del manufatto. La sentenza appellata, inoltre, non avrebbe potuto rilevare la manifesta infondatezza del ricorso, ex art. 74 D.Lgs. 2.7.2010, n. 104, senza esaminare compiutamente tutte le argomentazioni difensive del ricorrente, con conseguente insussistenza dei presupposti applicativi della predetta norma. Illegittima, infine, dovrebbe ritenersi la condanna alle spese, che prescinderebbe "dai motivi di fatto e di diritto che comprovano la fondatezza delle ragioni della ricorrente".
Il Collegio ha ritenuto che la causa potesse essere decisa nel merito, sussistendo i presupposti di cui allâart. 60 del citato D.Lgs. n. 104/2010, in quanto â in base alla documentazione in atti ed alle stesse argomentazioni difensive della parte appellante â il chiosco di cui trattasi risulta effettivamente privo di titolo abilitativo, sotto il profilo urbanistico-edilizio.
Contrariamente a quanto sostenuto nellâappello, infatti, per lâesecuzione di opere su suolo di proprietà pubblica non è sufficiente il provvedimento di concessione per lâoccupazione di detto suolo, ma occorre lâulteriore ed autonomo titolo edilizio, che opera su un piano diverso â e risponde a diversi presupposti â rispetto sia allâatto che accorda lâutilizzo a fini privati di una determinata porzione di terreno di proprietà pubblica, sia ad altri atti autorizzativi eventualmente necessari (come, per quanto qui interessa, lâautorizzazione commerciale per la vendita di determinati prodotti). La nozione di costruzione, per cui si richiede il rilascio del titolo abilitativo in questione (permesso di costruire), si identifica dâaltra parte con qualsiasi trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, intesa come modifica dello stato dei luoghi caratterizzata da stabilità , a prescindere dai materiali usati, quando si tratti di soddisfare esigenze non precarie del soggetto che tale trasformazione ponga in essere (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI, 27.1.2003, n. 419).
Quando pertanto la Soprintendenza ha rilevato, per diversi fini (ovvero nellâambito di un parere, espresso per lavori di ristrutturazione della piazza) lâabusività di manufatti, che si chiedeva di rimuovere come condizione per la positività del parere stesso, in modo da "riqualificare effettivamente i prospetti dellâedificio e renderne libera la visuale", lâAmministrazione non ha potuto che emettere lâordinanza impugnata, con una sovrabbondanza di motivazione che â ai sensi dellâart. 21 octies della legge n. 241/1990, come successivamente modificata ed integrata â non offre spunti per il richiesto annullamento di un atto, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso, senza che si imponesse alcuna misura in via di autotutela in rapporto a provvedimenti (concessione per lâoccupazione di suolo pubblico, ampliamento dellâarea concessa ed autorizzazione commerciale), che non si sovrapponevano al titolo abilitativo mancante né potevano sostituirlo, per diversità di presupposti normativi e di interessi pubblici sottesi (dovendosi rapportare il titolo urbanistico-edilizio, in via esclusiva, alle dimensioni ed alle caratteristiche costruttive del manufatto di cui si discute). LâAmministrazione comunale, tuttavia, sembra avere rilevato sia lâutilità dellâesercizio commerciale interessato (lâunico del genere, a quanto sembra, a disposizione della collettività locale), sia lâanomalia di una pluriennale permanenza in loco del chiosco, senza che venisse in alcun modo rilevata, da parte degli organi competenti, la necessità di regolarizzazione dello stesso sul piano urbanistico. Appare dunque ragionevole che per la struttura in questione â a quanto sembra prefabbricata e presumibilmente smontabile, o trasportabile â sia stata prevista la possibilità di diversa collocazione, con rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie in termini, che lâimpegno assunto dallâAmministrazione stessa deve far presumere celeri, nellâinteresse anche pubblico al ripristino di un servizio utile per la cittadinanza.
[Dott.ssa Marta Dolfi]