Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Consiglio di Stato, sez. V, sent. 27 aprile 2012, n. 2450
Si passa in rassegna la decisione del secondo grado di giudizio.
Per quanto concerne lâattività di spargimento di ghiaia, su di unâarea che ne era precedentemente priva, i giudici di Palazzo Spada hanno confermato la necessità della concessione edilizia, allorché appaia preordinata, come nel caso di specie, alla modifica della precedente destinazione dâuso.
Tale indirizzo risulta corroborato dalla risalente interpretazione del Giudice penale, secondo cui âdeve ritenersi soggetto a concessione lo spianamento di un terreno agricolo ed il riporto di sabbia e ghiaia, al fine di ottenerne un piazzale per deposito e smistamento di autocarri e containersâ, e ancora âè legittimo il provvedimento del sindaco che ordini la riduzione in pristino di un'area destinata, in base al piano regolatore, a verde pubblico, che sia stata coperta di ghiaia, per essere destinata a parcheggioâ
Correttamente pertanto i primi giudici hanno ritenuto legittimi i provvedimenti impugnati in primo grado, non potendo dubitarsi che attraverso lo spargimento di ghiaione sullâarea in questione il proprietario intendeva effettivamente modificare la destinazione agricola dellâarea utilizzandola quale piazzale di sosta e ricovero dellâauto e delle due roulottes di sua proprietà , determinando così una trasformazione urbanistica che necessitava di concessione edilizia.
Non può, inoltre, condividersi la tesi degli appellanti secondo cui lâordinanza di demolizione dellâopera abusiva sarebbe illegittima, sia in quanto non diretta nei confronti del proprietario della struttura prefabbricata, sia perché si trattava di una struttura facilmente amovibile che non poteva rientrare nel concetto di costruzione e che, a detta degli appellanti, necessitava solo di unâautorizzazione e non di concessione edilizia.
Quanto al primo aspetto è sufficiente rilevare che è stata ritenuta legittima lâordinanza di demolizione di opere edilizie abusive effettuata nei confronti del responsabile dellâabuso e non anche del proprietario dellâimmobile, in quanto lâarticolo 7, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si riferisce esclusivamente allâuno e non allâaltro, per lâevidente ragione di ancorare lâattività riparatoria del responsabile, quale autore dellâillecito, al rapido ripristino dello stato dei luoghi. Quanto al secondo profilo, poi, anche a voler prescindere dalle significative dimensioni della struttura prefabbricata realizzata (oltre 80 metri quadrati, per un volume di 257,78 metri quadrati, il che esclude in radice la sua stessa amovibilità (sul cui carattere insistono gli appellanti), deve ricordarsi che in ogni caso anche la precarietà (e mobilità ) di un manufatto, che rende non necessaria la concessione edilizia, dipende non dal suo sistema di ancoraggio al terreno, ma dalla sua inidoneità a determinare una stabile trasformazione del territorio, con la conseguente necessità del titolo edilizio allorquando, come nel caso di specie, la struttura, ancorché prefabbricata, sia destinata a dare unâutilità prolungata nel tempo, circostanza giammai contestata dagli appellanti, e non meramente occasionale.
Per quanto concerne poi la circostanza secondo cui lâoggetto di condono era andato distrutto, deve rilevarsi che, diversamente da quanto opinato dagli appellanti, posto che la concessione in sanatoria rilasciata per effetto di un condono edilizio produce lâeffetto della regolarizzazione della costruzione dal punto di vista urbanistico, attribuendo ad essa un regime giuridico che in nulla si differenzia da quello proprio di una normale concessione, presupposto fattuale ed indispensabile per lâaccoglimento della domanda di condono (e per il rilascio della relativa concessione in sanatoria) è la stessa esistenza del manufatto abusivo, non solo al momento della domanda di condono, ma anche al momento del rilascio della concessione. Eâ da considerarsi legittima, quindi, lâarchiviazione della domanda di condono (relativa ad un edificio demolito e non fedelmente ricostruito) per essere venuto meno la stessa opera cui si riferiva la richiesta.
[Dott.ssa Marta Dolfi]