Indici della Rassegna
Titolo
POTERE DEL GIUDICE DI ACCERTARE LâILLEGITTIMITÃ DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO SE SUSSISTE UN INTERESSE DELLA PARTE A FINI RISARCITORI
Argomento
Diritto amministrativo
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza 18 maggio 2012 n. 2916.
La disciplina contenuta nellâart. 34, comma 3, codice del processo amministrativo prevede che qualora lâannullamento dellâatto impugnato non risulti più utile al ricorrente il giudice ne dovrà comunque accertare lâillegittimità allorché sussista un interesse, del ricorrente stesso, ad ottenere il risarcimento dei danni.
La ratio della norma in parola è finalizzata sia ad inibire lâannullamento di atti che abbiano ormai esaurito i loro effetti, sia a tutelare, in presenza dei necessari presupposti, lâinteresse allâaccertamento giudiziale dellâillegittimità dellâatto impugnato, laddove vi sia lâinteresse a conseguire il risarcimento del danno discendente dallâatto medesimo.
La detta norma ha natura eminentemente processuale ed è di immediata applicazione, ne deriva che deve essere estesa anche ai procedimenti giudiziali proposti prima della sua entrata in vigore.
Posto ciò, si è affermato che lâart. 34, comma 3, cod. proc. amm. introduce, in presenza dei presupposti ivi previsti, una conversione dellâazione di annullamento in azione di accertamento, in quanto lâaccertamento dellâillegittimità dellâatto impugnato è contenuto nel petitum di annullamento come un antecedente necessario: siccome il più contiene il meno, il giudice limita dâufficio la sua pronuncia ad un contenuto di accertamento dellâillegittimità , in relazione alla pretesa risarcitoria, giacché manca lâinteresse allâannullamento ma sussiste lâinteresse ai fini risarcitori.
Nel caso di specie la "conversione" dellâazione di annullamento proposta è prodromica al giudizio di danno che anche se non instaurato dinanzi al medesimo giudicante dovrà essere proposto dal soggetto legittimato dinanzi al giudice di primo grado trovando applicazione lâart. 30, comma 5, codice processo amministrativo â secondo il quale è possibile separare la tutela impugnatoria dalla tutela risarcitoria per equivalente attraverso la proposizione di una richiesta di risarcimento "pura" che potrà essere formulata "sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza" di annullamento, naturalmente comprendendosi in tale previsione anche lâipotesi in cui lâannullamento sia pronunciato in secondo grado e che nel corso del giudizio non sia stata ancora proposta lâazione risarcitoria -.
Sul punto il Collegio ritiene che la formulazione dellâart. 30, comma 5, cod. proc. amm. esclude la praticabilità di letture restrittive del surriportato comma 3 dellâart. 34 dello stesso codice, nel senso che laddove lâ lâinteresse ai fini risarcitori ivi contemplato non risulti ancora concretizzato dalla parte ricorrente tramite la presentazione formale di una specifica domanda giudiziale, non competerebbe al giudice investito della domanda di annullamento rilevare "ex officio" lâipotetica presenza di un interesse la cui azionabilità è ancora nel potere della parte interessata; ovvero non potrebbe sostenersi che il predetto comma 3 va interpretato nel senso che, in seguito ad una semplice segnalazione della parte ricorrente, o addirittura dâufficio, lo stesso giudice ab origine adito mediante la sola domanda di annullamento non debba verificare la sussistenza di un interesse ai fini risarcitori.
Infatti, questa lettura restrittiva dellâart. 34, comma 3, cod. proc. amm. non solo si risolve in unâinterpretazione palesemente contra legem avuto riguardo allâanzidetto ma trova il più solido argomento contrario nella stessa "positivizzazione" del principio dellâautonomia dellâazione risarcitoria.
a cura del dott. Roberto Bongarzone
Data
mercoledì 30 maggio 2012
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