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Indici della Rassegna

Titolo
Bandi di gara: potere discrezionale della p.a. nell'interpretazione delle clausole ambigue
Argomento
Appalti
Abstract
(Consiglio di Stato, sez. V, Sent. 19 febbraio 2004, n. 684)
Testo

? Il quesito

Nel caso in cui una clausola del bando di gara o della lettera di invito abbia contenuto ambiguo essa va interpretata in senso restrittivo o in quello della più ampia partecipazione ?


? La risposta

Al fine di garantire la par condicio tra i concorrenti, in una gara d’appalto pubblico, la presentazione delle offerte va effettuata in scrupolosa osservanza del bando e della lettera d’invito e la stazione appaltante non può legittimamente disattendere le predette prescrizioni, non avendo nessuna discrezionalità al riguardo.

Il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure per l’aggiudicazione dei contratti della pubblica amministrazione non può che rispondere ad esigenze pratiche di certezza e celerità, ma deve, in ogni caso, essere garantita l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti.

Non appare, pertanto, ammissibile, per il principio del buon andamento e dell'imparzialità nell’esercizio della funzione amministrativa, ipotizzare che in capo all’Amministrazione residui un margine di valutazione discrezionale, per il singolo caso, di una fattispecie da essa stessa disciplinata attraverso una norma chiara.

Ne consegue che, ove le prescrizioni del bando o della lettera d’invito prevedano espressamente, con formulazione chiara e non equivoca, l’esclusione dalla procedura, a sanzione della loro inosservanza anche soltanto formale, l’Amministrazione è tenuta al rispetto della normativa alla quale si è autovincolata e che essa stessa ha emanato, per conseguire le finalità proprie della P.A.

Può, però, accadere che una equivoca formulazione della lettera di invito o del bando o comunque la presenza in detti documenti di clausole dal contenuto ambiguo possa dar adito ad incerta interpretazione.

Soltanto nel varco aperto da questa ipotesi può trovar luogo l’applicazione del principio che consente una più ampia ammissione degli aspiranti.

“Il difetto di chiarezza di una clausola del bando di gara ne consente” - sostengono i Giudici della V sezione del Consiglio di Stato -“un’interpretazione nel senso del maggior numero di imprese concorrenti e, viceversa, nel senso della non legittimità dell’esclusione”.

Dovrà, quindi, essere valutata la portata della clausola del bando che commina l’esclusione e ove non sia ravvisabile la disparità di condizioni tra concorrenti e la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, accordare la preferenza al favor partecipationis.
Autore
Renzo Graziotti
Data
giovedì 04 marzo 2004
 
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