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Indici della Rassegna

Titolo
Abusi edilizi ed illecito permanente
Argomento
Edilizia e urbanistica
Abstract
(TAR Lazio, sentenza gennaio 2005)
Testo

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio è intervenuto sulla travagliata materia degli abusi edilizi prendendo posizione circa importanti aspetti controversi e chiarendo l’estensione dell’interesse “qualificato” del privato proprietario dell’immobile limitrofo a quello abusivo a salvaguardare le caratteristiche urbanistiche della zona.

? Fatto
Con ricorso ex art 25 legge 241/1990 alcuni privati chiedevano l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sull’atto di diffida e messa in mora per l’esercizio da parte del Comune dei poteri di natura ripristinatoria e sanzionatoria relativamente ad opere realizzate in assenza delle necessarie abilitazioni edilizie od in difformità delle stesse in un immobile confinante con quello di loro proprietà.

Si costituivano in giudizio l’Ente pubblico ed il controinteressato proprietario del bene oggetto di contestazione confutando, tra le altre, la legittimazione attiva di parte ricorrente, evidenziando la circostanza che il soggetto convenuto fosse proprietario del bene da momento successivo alla realizzazione delle opere ritenute abusive e ribadendo l’ormai decorso di un ampio lasso di tempo rispetto alla commissione degli illeciti edilizi rilevati.

? Diritto
Il Giudice Amministrativo adito ha accolto il ricorso e, riportandosi a precedenti autorevoli pronunciamenti giurisprudenziali, ha evidenziato l’irrilevanza del mutamento della titolarità del diritto di proprietà rispetto al soggetto esecutore degli abusi edilizi.

Innanzitutto l’illecito considerato ha carattere permanente e può essere perseguito senza limiti di tempo gravando sull’effettivo proprietario – e non soltanto sull’effettivo esecutore delle opere difformi - l’onere del ripristino dello stato dei luoghi.

Ribadisce poi il TAR come se da un lato sia vero che le misure repressive sono sufficientemente motivate con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera (essendo “in re ipsa” l’interesse alla sua rimozione) dall’altro nel caso in cui sia decorso lungo tempo fra la realizzazione dell’opera abusiva e dell’adozione della misura repressiva, l’ordine di demolizione dovrà contenere un’adeguata motivazione circa il pubblico interesse all’attuale sacrificio delle posizioni soggettive ormai consolidate, in quanto l’inerzia degli organi comunali preposti ingenera nel privato un evidente affidamento sulla regolarità delle opere e sulla carenza dell’interesse pubblico alla loro demolizione (Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 11 febbraio 1999, n. 143).

Nella delicata materia sussiste finanche l’interesse del proprietario del fondo/immobile limitrofo a sollecitare l’Ente preposto all’adozione dei necessari provvedimenti del ripristino dello stato dei luoghi.

Difatti, in ipotesi, il privato a fronte di una inerzia ingiustificata della P.A. è titolare di un interesse qualificato alla salvaguardia delle caratteristiche urbanistiche della zona e, dunque, può non solo spiegare azioni civili di demolizione e, se ciò non sia possibile, quelle risarcitorie, ma è al tempo stesso legittimato ad impugnare la mancata adozione di misure ripristinatorie e/o l’illegittima comminatoria di una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria (Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 19 febbraio 2004, n. 677).
Autore
Dott. F.A. Corrias
Data
venerdì 11 febbraio 2005
 
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