Via Saffi, 49 01100 VITERBO     |     provinciavt@legalmail.it     |     0761 3131

Indici della Rassegna

Titolo
Inadempimento dell'Italia in materia di albo dei rifiuti
Argomento
Diritto delle comunità europee
Abstract
(Corte di Giustizia, sent. giugno 2005)
Testo
La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza in esame, ha dichiarato l’inadempimento da parte della Repubblica Italiana per il mancato recepimento nell’ordinamento interno della disposizione di cui all’art. 12 della direttiva 91/156/CEE.

In particolare, dovrà essere modificato l’art. 30 del Decreto legislativo 22/97 che definisce i soggetti tenuti all’iscrizione dell’albo rifiuti. Ai sensi della norma interna “le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano le quantità di 30 Kg al giorno o di 30 litri al giorno effettuati da produttore degli stessi rifiuti(…) devono essere iscritte all’albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti”.

L’art. 12 della direttiva comunitaria dispone, invece, che “gli stabilimenti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale, o che provvedono allo smaltimento o al recupero dei rifiuti per conto terzi devono essere iscritti presso le competenti autorità qualora non siano soggetti ad autorizzazione".

Secondo la Corte la nozione di impresa contenuta nell’art. 12 ricomprende anche le imprese che svolgono l’attività in proprio qualora tale trasporto o tale raccolta costituisca, insieme ai loro compiti, una delle attività ordinarie da cui esse traggono un reddito o un altro vantaggio economico.
Inoltre l’art. 12 disporrebbe che tutte le imprese che svolgono a titolo professionale attività di raccolta o di trasporto dei rifiuti, a prescindere della quantità e della pericolosità dei rifiuti, devono essere iscritte presso le competenti autorità qualora non siano soggette ad autorizzazione.

L’art. 30, comma 4, del decreto Ronchi violerebbe, pertanto, la direttiva anche nella parte in cui introduce una deroga a tale obbligo a favore delle imprese che trasportano meno di 30 litri o 30 Kg di rifiuti al giorno.

Le disposizioni della direttiva devono essere interpretate, secondo la Corte, alla luce della tutela della salute pubblica dell’ambiente contro gli effetti nocivi nonché dell’art. 174 n. 2 CE secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale punta ad un elevato livello di tutela ed è fondata su principi della precauzione e dell’azione preventiva.

L’art. 12 della direttiva assoggetta, pertanto, ad un obbligo di iscrizione gli stabilimenti e le imprese che nell’ambito della loro attività provvedono, in via ordinaria e regolare, al trasporto di rifiuti indipendentemente dal fatto che tali rifiuti siano prodotti da terzi o dalle imprese stesse. Non sussistono, inoltre, disposizioni all’interno della direttiva che ammettano deroghe a tale obbligo in relazione alla natura o alla quantità dei rifiuti trasportati.

L’Italia dovrà pertanto procedere al più presto alle modifiche dell’art. 30 del D.lgs 22/97 per essere in linea con la normativa europea.

Autore
Dott. Paolo Felice
Data
venerdì 17 giugno 2005
 
Valuta questa Pagina
stampa