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Indici della Rassegna

Titolo
Espropriazioni per pubblica utilità e occupazione usurpativa: restituzione dell'area legittimamente occupata e rimessione in pristino
Argomento
Espropri
Abstract
(Corte di Cassazione, sent. 23 settembre 2004, n. 19073)
Testo

La Suprema Corte di Cassazione ritorna sul delicato tema della rimessione in pristino e restituzione delle aree occupate dalla P.A. in assenza della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera realizzata.

Fatto
Un comune del Lazio costruiva - senza la preventiva dichiarazione di pubblica utilità - su un fondo di proprietà di una s.r.l. una serie di vasche per la depurazione e relativa strada d'accesso.
La società proprietaria adiva il tribunale di Roma chiedendo la restituzione delle aree abusivamente occupate oltre al risarcimento dei danni.

Il giudice di primo grado accoglieva con sentenza la domanda di parte attrice.
L’Ente interessato, già costituito in primo grado, proponeva appello. I giudici di secondo grado modificavano parzialmente la prima decisione, escludendo l’obbligo di retrocessione della parte di area ove era stata realizzata la strada di accesso alle vasche di depurazione e confermando la restante parte di sentenza.

La P.A. ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’illogicità delle deduzioni della Corte d’Appello di Roma, nella parte della sentenza in cui ha ritenuto che l’amministrazione comunale fosse tenuta a restituire le aree sulle quali è stato costruito l’impianto di depurazione e viceversa che non fosse tenuta a restituire l’area ove insisteva la strada d’accesso all’impianto, utile solo se collegata all’impianto medesimo.

L’Ente locale, rileva ancora che il giudice d’Appello avrebbe accolto un’interpretazione meramente formalistica dell’art. 1 della legge n. 1/1978. Per esso sarebbe infatti, assurdo non tenere conto dell’utilità di un’opera che di per sé riveste un preminente interesse di carattere pubblico
Pertanto, accolta l’interpretazione del comune ricorrente, i terreni interessati sarebbero divenuti di proprietà dell’amministrazione, a seguito dell'”accessione invertito” od “occupazione acquisitiva”, spettando alla società soltanto il risarcimento dei danni.
Diritto
Per il Supremo collegio, il ricorso è infondato e merita, pertanto, di essere respinto.
La costante giurisprudenza di legittimità, infatti, sottolinea come l'assenza della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera non consenta il determinarsi dell'accessione invertita dell'area sulla quale l'opera pubblica è stata edificata, ma dia luogo ad un'occupazione abusiva permanente che legittima il proprietario a chiedere la restituzione del fondo o, a sua scelta, il risarcimento del danno con conseguente perdita, in questo secondo caso, della proprietà (ex multis Cassazione Civile, SS. UU., sent. 06/06/2003 n. 9139 e sez. I, sent. 28.03.2001, n. 4451).
Per la Corte, affinchè possa determinarsi l'accessione invertita, non è quindi sufficiente la sola natura pubblica dell'opera, essendo necessario, per l'effettiva tutela del privato, che l'interesse pubblico sia anche legalmente dichiarato, in modo tale che la procedura si svolga nell'ambito delle norme che regolano l'espropiazione.

Quindi, solo in presenza della pronunzia di pubblica utilità, in difetto del decreto di esproprio, la proprietà del fondo potrà passare all'amministrazione a seguito dell'"accessione invertita" od "occupazione acquisitiva".
Autore
Dott. F. A. Corrias
Data
venerdì 12 novembre 2004
 
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