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Indici della Rassegna

Titolo
ESPROPRI PER PUBBLICA UTILITA'
Argomento
Espropri
Abstract
(CGA Sez. Giurisdizionale, sent. dicembre 2006)
Testo
Riferimenti giurisprudenziali:
- CGA Sez. Giurisdizionale, sent. 27 dicembre 2006 n. 788

Riferimenti normativi:
- art.7 L. 241/90
- artt. 10 e 11 L. 865/1971
- art. 43 T.U. Espropriazioni

1) formalità di cui agli artt. 9 – 10 – 11 della legge 865/1971 - dichiarazione p.u. per implicito mediante approvazione del progetto – e comunicazione preventiva dell’avviso dell’avvio del procedimento (art. 7 L. 241/90);

2) utilizzo senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico – restituzione, ovvero acquisizione al patrimonio indisponibile –risarcimento del danno (art. 43 T.U. ).


La dichiarazione di pubblica utilità esplicita, si articolava, fin dalle origini (legge 2359/1865) in due procedimenti distinti:
a) quello attinente al procedimento per la dichiarazione di p.u. in senso proprio - presentazione della domanda, publicazione della stessa presso gli uffici comunali, presentazione di eventuali osservazioni da parte di chi vi avesse interesse ed emanazione del decreto di dichiarazione di pubblica utilità - ;
b) quello relativo alla designazione dei beni da espropriarsi – formazione del piano particolareggiato di esecuzione, pubblicazione del medesimo presso gli uffici comunali, presentazione di eventuali osservazioni da parte degli interessati, ordine di esecuzione del piano da parte del prefetto (che decideva, anche in ordine ad eventuali osservazioni presentate).
Questi schemi realizzavano un sistema di giusto procedimento, articolato sulla pubblicità degli atti ed il contraddittorio degli interessati.
In siffatto contesto si inseriva dapprima la L. 865/71 e successivamente la L. 241/90 che in quanto legge sul procedimento amministrativo ha esteso, altresì, il giusto procedimento alla generalità dei procedimenti amministrativi, tra cui quello ablatorio.
Perchè i soggetti interessati possano partecipare o intervenire è necessario che essi siano resi edotti della pendenza del procedimento. A ciò provvede l’avviso dell’avvio del procedimento, che l’autorità procedente è tenuta a dare ai soggetti nei cui confronti, il provvedimento finale, è destinato a produrre effetti e a coloro che per legge debbono intervenire.
In tale quadro normativo si inserisce la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia che esaminando il ricorso in appello presentato dal Comune di Palma di Montechiaro per “lavori di restauro di un immobile di interesse storico-artistico” sostiene, tra le altre, che ai fini dell’attivazione della procedura espropriativa è necessaria, condicio sine qua non della legittimità del provvedimento, un’apposita comunicazione di avvio del procedimento, con specifico riferimento alla deliberazione comunale di approvazione del progetto.
In carenza sarebbe violata la garanzia del giusto procedimento in quanto l’approvazione del progetto ai fini espropriativi (dichiarazione implicita di P.U.) avrebbe dovuto essere preceduta dalla comunicazione dell’avvio del procedimento.
Allo scopo, sostengono i Giudici di Palermo, non è sufficiente il richiamo operato dal Comune alle garanzie partecipative di cui agli artt. 10 e 11 della L. 865/71.
Il principio posto dall’art. 7 della L. 241 del 1990 è infatti applicabile, come regola generale, a tutti i procedimenti espropriativi e può essere sostituito dalle garanzie partecipative di cui agli artt. 9, 10 e 11 della l. 865/71, soltanto quando queste ultime si realizzino prima della dichiarazione di pubblica utilità con:
- deposito nella segreteria del comune della relazione esplicativa dell’opera da realizzare, corredata dalle mappe catastali;
- notifica agli espropriandi dell’avviso di deposito della documentazione;
- affissione nell’albo del comune;
- inserzione nel foglio annunci legali;
- opposizioni, trasmissione all’autorità regionale, decisione sulle opposizioni;
- adozione della dichiarazione di p.u.
(Cons. di Stato sez. IV, 22 marzo 2005 n. 1236)
Il Collegio del CGA è poi chiamato a pronunciarsi sulla richiesta presentata dalla P.A. relativa alla trasformazione della domanda di restituzione del bene, disposta dal primo Giudice, in condanna risarcitoria.
La richiesta del Comune si inquadra infatti nell’ambito della disciplina dell’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico.
Qualora, infatti, sia impugnato uno dei provvedimenti indicati nei commi 1 e 2 dell’art.43 del T.U., ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, l’amministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.
In particolare, il comma 1 dell,art. 43 del D.P.R. 327/2001, dispone che “valutati gli interessi in conflitto , l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo di pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni”.
Il tutto con un atto di acquisizione del bene, disposto dall’amministrazione, i cui contenuti sono individuati al comma 2 del medesimo articolo.
Pertanto, in caso di illegittimità della procedura espropriativa e di realizzazione dell’opera pubblica, l’unico rimedio riconosciuto dall’ordinamento, per evitare la restituzione dell’area, è l’emanazione di un legittimo provvedimento di acquisizione, in assenza del quale l’amministrazione non può addurre l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica quale causa di impedimento alla restituzione del bene.
Certo è che il diritto al risarcimento nasce dall’emanazione dell’atto di acquisizione, unica alternativa alla “omessa “ espropriazione.
Nel caso in esame non essendo stato emanato il provvedimento per l’acquisizione del bene, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia rigetta l’appello del Comune e dispone la restituzione dell’immobile al legittimo proprietario, tenuto, però nello specifico, al pagamento delle somme spese dal comune, per il restauro dell’immobile, effettuate “in danno” della proprietà rimasta inerte.






Autore
Geom. Renzo Graziotti
Data
mercoledì 31 gennaio 2007
 
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