Via Saffi, 49 01100 VITERBO     |     provinciavt@legalmail.it     |     0761 3131

Indici della Rassegna

Titolo
VIETATO CIRCOLARE SULLA CORSIA DI EMERGENZA: Non basta un vecchio certificato medico per evitare la multa
Argomento
Codice della Strada
Abstract
(Corte di Cassazione, sent. marzo 2007)
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Corte di Cassazione, sez. II, sent. 26 marzo 2007, n. 7357
Il Fatto
Un automobilista proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza del Giudice di Pace che aveva rigettato il suo ricorso convalidando il verbale elevato dalla Polizia Stradale per violazione dell’art. 176 C.d.S. per aver circolato nella corsia di emergenza.

Il ricorrente deduceva che si era trovato a transitare nella zona contestata in quanto, soffrendo di una forma di ipoacusia neurosensoriale bilaterale, era venuto a trovarsi imbottigliato nel traffico con pregiudizievoli conseguenze per il suo stato di salute. Produceva in giudizio, quindi, un certificato medico di circa un anno primo sostenendo che nel mentre la patologia non era scomparsa.

Il Principio
Con la sentenza in epigrafe i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto che la documentazione medica, anteriore di almeno un anno, non certificava che il ricorrente fosse stato colto da crisi al momento del fatto e che nessuna giustificazione era stata fornita all’atto della contravvenzione.

Ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno delle cause di esclusione della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, previste dall’art. 4 della legge 689/81, in mancanza di ulteriori precisazioni, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano i medesimi istituti nel diritto penale e segnatamente, per quanto concerne lo stato di necessità, all’art. 54 c.p.
Si è altresì ritenuto che sia idonea ad escludere la responsabilità anche la semplice supposizione erronea degli elementi concretizzanti lo stato di necessità, cioè di una situazione concreta che, ove esistesse realmente, integrerebbe il modello legale dello stato di necessità, in quanto l’art. 3, 2° comma della legge 689/81 esclude la responsabilità quando la violazione è commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche il semplice convincimento della sussistenza di una causa di giustificazione, il cui onere probatorio, tuttavia, grava su colui che invochi l’errore.
Puntualizzando, peraltro, in sede penale, che, ove l’imputato deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di una esimente reale o putativa, è su di lui che incombe l’onere di provarne la sussistenza, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio, e l’allegazione da parte dell’imputato dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato.
Nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto che non ricorresse alcuna necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale ed immediato di un danno grave alla persona con l’unico mezzo della commissione dell’illecito, dato che la produzione di un certificato anteriore di un anno è inidonea alla tesi prospettata, con la conseguenza che bene ha fatto il giudice a ritenere non convenientemente documentato lo stato di necessità anche in considerazione del fatto il ricorrente aveva ammesso di non aver fatto dichiarazioni al momento della contestazione.
Autore
Dott.ssa Marta Dolfi
Data
sabato 31 marzo 2007
 
Valuta questa Pagina
stampa