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Indici della Rassegna

Titolo
OMNICOMPRENSIVITÀ DEL TRATTAMENTO ECONOMICO DEI DIPENDENTI PUBBLICI: Illegittima la ulteriore retribuibilità delle attività che rientrano nelle mansioni dell’ufficio ricoperto
Argomento
Pubblico impiego
Abstract
(Corte dei Conti, sent. marzo 2007)
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Corte dei Conti, Sez. Giuris. Regione Sicilia, sent. 26 marzo 2007 n. 801

Riferimenti Normativi:
- Art. 60 D.P.R. 3/1957
- Artt. 45 e 53 D.Lgs. 165/2001
- Artt. 17 e 18 L. 109/1994
- Art. 90 D. Lgs. 163/ 2006

È illegittimo il conferimento di incarico professionale retribuito a parcella in favore del personale della stessa pubblica amministrazione per essere così, di fatto, cumulate le funzioni di dipendente pubblico e libero professionista e quindi per incompatibilità per cumulo di funzioni.
Ripercorrendo l’evoluzione normativa in materia il giudice contabile ha ricordato che la disposizione dell’art. 53 del D.Lgs 165/2001 ha ripreso il divieto già previsto per il pubblico impiego dall’art. 60 del D.P.R. 3/1957 che faceva divieto alle pubbliche amministrazioni di conferire ai propri dipendenti incarichi di natura professionale per attività non comprese tra le funzioni istituzionalmente assegnate laddove non sia prevista da apposite disposizioni di legge e di contratto. L’eventuale autorizzazione (nei limiti di legge) deve essere adottata dagli organi competenti, assicurando l’osservanza di criteri oggettivi e predeterminati e garantendo la realizzazione dell’interesse della pubblica amministrazione.
L’art. 17 della legge 109/1994 – oggi trasfuso nell’art. 90 del codice dei contratti – prevede che gli incarichi di progettazione, direzione lavori, supporto tecnico alle attività di responsabile del procedimento possono essere attribuiti e conferiti ai dipendenti di essa pubblica amministrazione affidante, prevedendo forme di incentivazione tra essi incaricati ed i rispettivi collaboratori, secondo le modalità ed i criteri definiti in sede di contrattazione decentrata e secondo le disposizioni organizzative e i principi previsti nel regolamento all’uopo assunto dall’ente.
La stessa Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici ha qualificato l’attività di progettazione, direzione lavori ecc. come attività qualificata ma non di libera professione, confermando il divieto di assunzione di incarichi per i dipendenti a tempo pieno; ai dipendenti che intrattengono rapporto di lavoro a tempo parziale è consentito assumere incarichi libero/professionali ma, previa partecipazione alla - ed all’esito della - procedura concorsuale e con le limitazioni temporali indicate dalle disposizioni normative.
Fa riscontro alla detta limitazione, il principio dell’omnicomprensività della retribuzione che permea tutto il rapporto di pubblico impiego e che impedisce la remunerazione delle attività che rientrano nelle mansioni dell’ufficio ricoperto.
Ne consegue che l’incarico professionale per attività non rientranti tra i compiti istituzionalmente assegnati, per essere contrario a disposizione normativa ed al principio di esclusività che lega il dipendente pubblico all’ente di appartenenza – anche al fine di evitare commistioni tra interessi pubblici e privati che potrebbero mettere in dubbio il principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa – è da qualificarsi illegittimo e da censurare con gli effetti anche di natura disciplinare che ne conseguono.
Il dirigente che ha assunto il provvedimento illegittimo - per la chiarezza normativa (che mai, anche nella sua evoluzione, ha posto in dubbio la separazione tra attività libero professionali e di pubblico dipendente) oltre che la esatta determinazione delle funzioni assegnate al funzionario pubblico – è responsabile anche a titolo di colpa grave del danno proprio per la funzione apicale ricoperta dal detto dipendente che non consente esimenti proprio per la chiarezza dei principi posti dall’ordinamento a base del rapporto di pubblico impiego.
Né varrebbe, a elidere il concetto di danno, l’aver proceduto e convenuto la redazione di parcella secondo percentuali ridotte che potrebbero aver consentito un risparmio di spesa rispetto al libero professionista, non costituendo dispensa od emenda “l’effettuazione di una spesa in violazione di chiara e puntuale normativa”.
L’atto illegittimo non può trovare giustificazione in un risparmio di spesa.

Autore
Avv. M. T. Stringola
Data
lunedì 30 aprile 2007
 
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