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Indici della Rassegna

Titolo
ESPROPRIAZIONI E DOMANDA DI RISARCIMENTO DEL DANNO: GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVE ED ORDINARIA
Argomento
Espropri
Abstract
(Consiglio di Stato, sent. luglio 2007)
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Adunanza Plenaria Consiglio di Stato n.9 del 30 luglio 2007.

L’adunanza Plenaria del Supremo Consesso ha confermato l’orientamento amministrativo prevalente che si era consolidato negli ultimi anni, seppur incrinato da interventi del giudice ordinario e messo, in parte, in discussione, per alcuni aspetti, dalla stessa Corte Costituzionale ( con la sentenza 204/2006).
Da sottolineare che il Consiglio di Stato non ha mai receduto dal proprio orientamento ed ha da sempre reputato rientrare tra le proprie competenze esclusive la domanda circa il comportamento connesso all’esercizio di poteri pubblici anche quando l’amministrazione detenga senza titolo il fondo privato dopo averlo acquisito in sede di esecuzione attuativa del vincolo preordinato all’esproprio.
Si è così pervenuti oggi, dopo vari tentennamenti, alla definitiva scissione della giurisdizione amministrativa ed ordinaria a seconda che l’atto di occupazione e la trasformazione del bene immobile sia stato sorretto e preceduto dall’esercizio del potere pubblico od in carenza di esso.
In sostanza non si è nulla innovato rispetto alla giurisprudenza che si era consolidata (prima dell’entrata in vigore della legge 205/2000) negli anni ’90 che distingueva e dimidiava la conoscenza della controversia in materia di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva dal risarcimento per occupazione usurpativa demandando l’una al giudice amministrativo, l’altra al giudice ordinario tenuto conto del corretto esercizio o meno del potere pubblico.
Nei procedimenti non governati dalle norme sostanziali del T.U. l’atto fondamentale del procedimento è da identificarsi con la dichiarazione di pubblica utilità ossia nell’atto autoritativo da cui sorge il potere pubblicistico sul bene privato che costituisce, al tempo stesso, l’origine funzionale della successiva attività, giuridica e materiale, di utilizzazione dello stesso per scopi pubblici.
In questo quadro, la ritardata od omessa adozione del provvedimento traslativo entro il prescritto termine non può far decadere la valenza giuridica dell’attività già espletata sul presupposto di un procedimento che ha avuto come base giuridica la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera,
se è vero che la detta omessa conclusione del procedimento mediante tempestiva emanazione dell’atto conclusivo (decreto di esproprio) impedisce la formalizzazione dell’acquisizione al patrimonio pubblico del bene realizzato, connotando la precedente attività dispiegata dall’Amministrazione in termini materiali o comportamentali.
Detto comportamento di impossessamento e irreversibile modifica del bene altrui resta pur sempre, nel senso ora detto, riconducibile all’esercizio del pubblico potere.
Diversa è l’ipotesi in cui risulti carente la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera venendo, allora. in rilievo un mero comportamento per vie di fatto, in nessun modo e nemmeno mediatamente funzionalizzato all’esercizio di un effettivo potere degradatorio e traslativo. In tal caso la conoscenza della controversia per la domanda del risarcimento del danno è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario essendo chiara l’assenza di ogni collegamento con l’esercizio di un potere pubblico e la realizzazione di un interesse da rapportarsi alla collettività.
Al detto procedimento non sono comunque applicabili i terminami processuali dimidiati di cui all’art. 23 bis della legge 1034/1971.
Il disposto non è abbisognevole di soverchi interventi di esegesi, sia per il preciso dettato che esplicitamente applica il detto rito solo all’impugnazione dei provvedimenti relativi alle procedure di espropriazione, sia per il fine che la dimidiazione persegue: la necessità sollecitatoria del procedimento non trova motivazione, né correlazione con l’azione risarcitoria. A ciò aggiungasi che nella disposizione dell’art. 23 bis ( norma acceleratoria di regime processuale e quindi è di stretta interpretazione) non può trovare applicazione al di fuori delle ipotesi contemplate esplicitamente.




Autore
Avv. Maria Teresa Stringola
Data
mercoledì 15 agosto 2007
 
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