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Indici della Rassegna

Titolo
LA P.A. PUO’ DEPOSITARE DOCUMENTI ANCHE FUORI TERMINE
Argomento
Enti locali
Abstract
(Consiglio di Stato, sent. 11 settembre 2007)
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Consiglio di Stato, Sez. V, snet. 11 settembre 2007, n. 4789

L’articolo 23, comma 4, della legge 1034/1971 prevede che le parti possano produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni.
L’orientamento prevalente sostiene che entrambi i termini svolgono la duplice funzione di garantire la pienezza del contraddittorio e l’ordinario svolgimento del giudizio.
La norma, tuttavia, non qualifica espressamente i termini come perentori, né afferma che essi siano stabiliti a pena di decadenza, affidando all’interprete il compito di definire le conseguenze derivanti dalla loro inosservanza. Pertanto, applicando il principio espresso dall’art. 152 c.p.c., secondo il quale “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, la giurisprudenza ha seguito un indirizzo interpretativo articolato e complesso, volto ad individuare le conseguenze del mancato rispetto degli indicati termini.
In tale prospettiva si è distinto tra termini per le memorie e termini per le produzioni documentali. Inoltre, si è talvolta posta l’attenzione sulla rilevanza del documento in relazione all’oggetto del giudizio e alla circostanza che esso sia effettivamente collegato con gli atti del procedimento sostanziale all’origine della specifica controversia.

Con particolare riguardo ai documenti prodotti dall’amministrazione, purchè direttamente connessi con l’oggetto della domanda, si è correttamente osservato che non avrebbe alcun senso precluderne l’esibizione dopo lo spirare del termine previsto dall’articolo 23 (o anche il giorno stesso dell’udienza), dal momento che il deposito di tali documenti costituisce addirittura un obbligo (e non un mero potere difensivo) gravante sul soggetto pubblico, indipendentemente dalla circostanza che esso si sia costituito in giudizio per resistere alla domanda.

Il dovere di produzione documentale, che, oltretutto potrebbe essere sollecitato d’ufficio dal giudice resta intatto anche nei casi in cui gli atti esibiti possano risultare oggettivamente favorevoli all’amministrazione stessa.

Si deve sottolineare, poi, che l’amministrazione potrebbe comunque produrre il documento anche in grado di appello, non operando la limitazione di cui all’art. 345 c.p.c. nel giudizio amministrativo. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, tale previsione non si applica, in generale nel giudizio di legittimità, e nell’ambito della giurisdizione esclusiva il divieto di nuove prove in appello non riguarda le prove documentali precostituite.

Si sottolinea, comunque, che il potere istruttorio del giudice potrebbe essere esercitato anche in grado di appello. Pertanto, l’appellante non avrebbe alcun concreto interesse a dedurre l’irritualità della produzione documentale effettuata in primo grado, perché tale atto potrebbe comunque essere acquisito dal giudice, anche in mancanza di apposita istanza, se ritenuto rilevante ai fini della decisione.
Quindi, a fronte della produzione documentale effettuata dall’amministrazione, sia pure dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 23, la mera opposizione del ricorrente, ancorchè esplicitata, non assume alcun valore preclusivo, spettando al giudice il compito di verificare l’utilità del documento ai fini istruttori.
In tali circostanze si ponne, semmai, solo il diverso problema dell’opportuno coordinamento con il principio di rispetto del contraddittorio e con la necessità di assicurare un congruo spazio temporale di difesa del soggetto interessato.

Ma questa esigenza deve essere valutata in concreto e non in astratto, tenendo conto di una pluralità di circostanze, quali la maggiore o minore complessità del materiale istruttorio esibito dall’amministrazione, la dimostrazione (o la probabilità) che il documento sia conosciuto dall’interessato, l’univocità degli effetti (sostanziali o processuali) derivanti dall’atto in questione.




Autore
Dott.ssa Marta Dolfi
Data
domenica 30 settembre 2007
 
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