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Indici della Rassegna

Titolo
OCCUPAZIONE ACQUISITIVA: ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLE VIGENTI NORMA IN MATERIA DI DETERMINAZIONE DELL’INDENNIZZO RISARCITORIO
Argomento
Espropri
Abstract
(Corte Costituzionale, sent. ottobre 2007; Corte Costituzionale, sent. ottobre 2007)
Testo
Riferimenti Giurisprudenziali:
- Corte Costituzionale, sent. 24 ottobre 2007 n. 348
- Corte Costituzionale, sent. 24 ottobre 2007 n. 349


La Corte con le sentenze in rassegna analizza le disposizioni dell’art. 5 bis, comma 7 bis del D.L. 333/1992 (come convertito e successivamente modificato ) e dell’art. 37 del D.P.R. 327/2001 secondo cui per la liquidazione del danno da occupazione espropriativa si applicano gli stessi criteri seguiti per la determinazione dell’indennità di esproprio escludendo comunque la riduzione del 40% ed applicando l’aumento del 10%.
A- Presupposto per l’intervento della Corte Costituzionale
Partendo dall’analisi degli interventi censori della Corte di Giustizia di Strasburgo si premette che l’istituto, di creazione giurisprudenziale, dell’accessione invertita è in contrasto con norma del trattato di Maastricht, così come sono con esse in contrasto le disposizioni che fissano i criteri per il risarcimento del conseguente danno.
Quanto premesso, le sentenze ricordano che l’ordinamento italiano non consente, comunque, di poter procedere immediatamente alla disapplicazione delle norme interne risultanti in palese violazione dei citati principi della Convenzione europea, infatti le disposizioni della CEDU “rese esecutive da norma ordinaria ne acquistano il rango e non si collocano a livello di norma costituzionale”.
Non può reputarsi possibile neppure la mera disapplicazione delle norme italiane in contrasto con i principi comunitari e ciò non è messo in dubbio neppure dalla stessa Corte Europea che ha rimesso allo stato italiano “ l’adozione delle misure legislative, amministrative e finanziarie per l’adeguamento del sistema interno alle norma sopranazionali” dando modo di aver certezza che gli interventi giurisdizionali “non hanno effetti abrogativi”.
Il giudice ordinario dovrà, quindi, interpretare la norma interna “conformemente ai principi comunitari” e, laddove ciò non fosse perseguibile, dovrà evocare la Corte costituzionale.
B – Illegittimità costituzionale
Superata quindi l’analisi dei motivi che hanno portato a reputare ammissibile l’intervento del giudice delle leggi, lo stesso torna ad analizzare la compatibilità costituzionale dell’istituto dell’accessione invertita - od occupazione acquisitiva – ma solo per l’aspetto relativo alla ammissibilità comunitaria delle norme che determinano i criteri per il ristoro del danno causato al privato in conseguenza della detta acquisizione.
Richiamata l’evoluzione giurisprudenziale e normativa che ha dato corso e motivo all’emanazione delle disposizioni di cui al comma 7 bis dell’art. 5bis del D.L. 333/1992 ( che determina il ristoro del danno da illecito ragguagliandolo, seppur con adeguati correttivi, al criterio determinativo dell’indennità di esproprio) la Corte ricorda anche gli interventi demolitori della Corte Europea secondo cui il giusto equilibrio tra esigenza generale della comunità ed esigenza di salvaguardia del diritto del singolo non debbono portare sempre e comunque all’integrale ristoro dell’espropriato.
Infatti esigenze generali di riforma economica e di giustizia sociale ben possono essere poste a fondamento di un sacrificio del privato. Diverso è il caso del singolo intervento che non si legge nell’economia della riforma politica, economica, sociale e non è connesso a circostanze particolari.
Parimenti, seppur la normativa interna consenta che il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva sia caratterizzato da una maggiorazione rispetto alla determinazione dell’indennità di espropriazione, “detta maggiorazione non è in percentuale apprezzabilmente significativa da escludere la violazione del diritto di proprietà garantito dalla norma della convenzione europea” .
Ne consegue che se la norma che impone un ristoro da occupazione acquisitiva non preveda criteri di rispondenza al valore reale del bene sarà da intendersi in insanabile contrasto con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla convenzione Europea e le motivazioni di temporaneità che hanno sorretto la conformità a disposizioni costituzionali delle dette norme non possono essere più poste a sostegno dell’esigenza del giusto sacrificio del privato laddove la pubblica amministrazione si sia resa colpevole di azioni in contrasto con lo schema legale dell’ordinario procedimento.
Resta palese, poi, che alle disposizioni di cui al D.P.R. 327/2001 non è riconoscibile il carattere della provvisorietà, di talchè ripercorrendo per la definizione delle indennità dovute per il risarcimento del danno lo stesso criterio previsto in precedenza (approssimativamente dimidiazione del valore venale) viene violato il principio costituzionale del giusto ristoro. Secondo le segnalate pronunce quindi il legislatore dovrà tenere scisse le ipotesi di espropri singoli da quelle conseguenti ad espropri programmati di riforma economica i migliori condizioni di giustizia sociale.




Autore
Avv. M. T. Stringola
Data
martedì 30 ottobre 2007
 
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