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Indici della Rassegna

Titolo
DISCARICHE ABUSIVE Basta l’accumulo non occasionale di rifiuti a configurare il reato
Argomento
Enti locali
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Cassazione Penale, sez. III, sent. 7 gennaio 2008, n. 203
Testo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello ha confermato la pronuncia di colpevolezza di un titolare di un’azienda per aver effettuato il deposito incontrollato di un ingente quantitativo di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da fango e scarti provenienti dalla lavorazione del marmo realizzando una discarica non autorizzata dei predetti rifiuti. E per aver inoltre violato i sigilli apposti dall’autorità giudiziaria per impedire la prosecuzione dell’attività illecita.

L’imputato si è difeso, ed ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo di non avere avuto l’intenzione di costituire una discarica abusiva, in quanto si sarebbe limitato ad effettuare il deposito temporaneo dei rifiuti derivanti dalla lavorazione del marmo in attesa del loro avvio definitivo allo smaltimento.
A sua discolpa deduceva, inoltre, che nel territorio della provincia ove ha sede l’Azienda non vi sarebbero state discariche autorizzate a ricevere i fanghi di cui si trattava e tale circostanza avrebbe reso difficile il rispetto della normativa vigente in materia di avvio dei rifiuti allo smaltimento.
In merito alla violazione dei sigilli l’imputato adduceva a sua discolpa lo stato di necessità per mancanza nella zona di discariche autorizzate.

Con la sentenza in esame la Suprema Corte ha precisato, in ordine alla nozione di discarica abusiva, che in tema di gestione di rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 3, è necessario l’accumulo, più o meno sistematico ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un’area determinata, la eterogeneità dell’ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.
Secondo i giudici di legittimità la sentenza impugnata, nell’affermare la colpevolezza dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, ha applicato puntualmente l’enunciato principio di diritto, avendo i giudici di merito osservato che nella specie doveva ravvisarsi la sussistenza di una vera e propria discarica in considerazione del considerevole quantitativo di fanghi essiccati, che avevano raggiunto l’altezza di dieci metri rispetto al livello stradale.

D’altra parte, la definizione di discarica di cui al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, art. 2, comma 1, lett. g), emanato in attuazione della Direttiva 1999/31/CE, non contiene elementi che contrastino con l’accertamento di fatto contenuto nella sentenza, dovendosi rilevare che è considerata discarica, ai sensi della disposizione citata, anche la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti destinata stabilmente allo smaltimento degli stessi, così come accertato nel caso in esame.

Da ultimo, la inesistenza nel territorio di discariche autorizzate per lo smaltimento dei fanghi di depurazione non giustifica la realizzazione di una discarica abusiva, risolvendosi peraltro tale carenza solo in una maggiore onerosità e non nella impossibilità delle operazioni di smaltimento.

Con riferimento alla invocata esimente dello stato di necessità per il delitto di violazione di sigilli la sentenza impugnata ha correttamente osservato che la scriminante dello stato di necessità opera solo allorchè la condotta illecita sia diretta ad evitare un danno grave alla persona, da intendersi nella sua eccezione fisica e morale, ma non patrimoniale, sicchè l’imprenditore non poteva invocare lo stato di necessità della sua azione per fini sociali e di mercato relativi ai dipendenti della sua azienda.

Autore
Dott.ssa Marta Dolfi
Data
martedì 15 gennaio 2008
 
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