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Indici della Rassegna

Titolo
RECUPERO DI SOMME INDEBITAMENTE EROGATE DALLA P.A. Ha carattere di doverosità e costituisce esercizio di un vero e proprio diritto soggettivo
Argomento
Pubblico impiego
Abstract
Riferimenti Giurisprudenziali: - Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 4 febbraio 2008, n. 293
Testo
Il Tar respingeva il ricorso proposto da una pubblica impiegata per l’annullamento del provvedimento con il quale l’amministrazione aveva disposto il recupero delle maggiori somme corrisposte alla ricorrente e non dovute.

Secondo i giudici di primo grado il provvedimento di recupero da parte della P.A. era doveroso e prescindeva dall’eventuale buona fede della percipiente, quest’ultima rilevandosolo ai fini della modalità di recupero.

L’interessata proponeva , quindi, appello avverso la suddetta statuizione.

Il Principio

Costituisce jus receptum il principio secondo cui il recupero di somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione ai propri dipendenti ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell’art. 2033 del Codice Civile, di un vero e proprio diritto sogettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate.

In relazione al requisito dell’interesse pubblico specifico che deve caratterizzare detto provvedimento di recupero, è stato evidenziato che la motivazione deve ritenersi insita nell’acclaramento della non spettanza degli emolumenti percepiti dal dipendente, così che i provvedimenti di recupero non richiedono comparazione alcuna tra gli interessi coinvolti (quello pubblico e quello privato), non vertendosi in ipotesi di interessi sacrificati (tale configurandosi semmai il solo interesse al buon andamento della P.A., sicuramente compresso dall’aver essa anticipato emolumenti non dovuti), se non sotto il limitato aspetto delle esigenze di vita del debitore.

Del resto, proprio la doverosità del recupero esclude che l’amministrazione sia tenuta a fornire una specifica motivazione, essendo invece sufficiente che vengano indicate le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto alle somme corrisposte (ex multis C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 2001, n. 5540; 22 settembre 2005, n. 4983; sez. VI, 20 giugno 2003, n. 3674; 10 gennaio 2003, n. 43).
In ordine al profilo della rilevanza della buona fede del debitore, è stato più volte precisato che essa non può rappresentare un ostacolo all’esercizio da parte dell’amministrazione del recupero dell’indebito (ex pluribus, C.d.S., sez. VI, 12 luglio 2004, n. 5067; 3 dicembre 2003, n. 7953; 7 luglio 2003, n. 4012; 17 ottobre 2005, n. 5813), neppure quando intervenga a lunga distanza di tempo dall’erogazione delle somme, comportando in capo all’Amministrazione solo l’obbligo di procedere al recupero stesso con modalità tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 14 ottobre 1999, n. 517; C.d.S., IV, 22 settembre 2005, n. 4964).
Sulla scorta di tali consolidati principi, i giudici di Palazzo Spada, con la sentenza in epigrafe, hanno ritenuto che l’impugnato provvedimento di recupero sia pienamente legittimo, come già rilevato da primi giudici.
Invero, per un verso, non è stato contestato che effettivamente le somme di cui l’amministrazione ha chiesto la restituzione siano state effettivamente corrisposte e che le stesse sono risultate non dovute a seguito dei definitivi provvedimenti di determinazione del trattamento economico spettante all’interessata (provvedimenti che non risultano essere stati impugnati); per altro verso il recupero è stato disposto a mezzo di rateizzazione e, quindi, tenendo conto delle esigenze di vita del dipendente.
Autore
Dott.ssa Marta Dolfi
Data
venerdì 15 febbraio 2008
 
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