Se c’è una cosa che distingue un eroe da una persona qualunque è la capacità di indignarsi, non restare indifferente, non girarsi dall’altra parte, di fronte alla violenza e al dolore.
L’indifferenza è un male che percorre la storia dell’umanità, incline, purtroppo, al conformismo e all’inerzia.
Con forte determinazione e senza paura, nonostante le sue cagionevoli condizioni di salute (la sua grave malformazione fisica le determinò la morte a soli 18 anni) e il difficile contesto storico in cui viveva, quello medievale, caratterizzato da carestie, epidemie e aspri conflitti civili tra Papato e Impero, Rosa decise di non piegarsi alla logica dell’omertà e dell’indifferenza, di uscire allo scoperto, rischiando più volte la vita e pagando duramente per questo, tanto da essere allontanata dalla sua città.
Rosa venne discriminata per le sue condizioni fisiche e per le sue umili origini, che non le permisero di realizzare il suo sogno, far parte dell’ordine delle Clarisse. Ma non per questo si arrese e decise di ribellarsi, seguendo il suo cuore, andando controcorrente e schierandosi contro il conformismo. Entrò, così, nel terz’ordine francescano, continuando a predicare i valori della misericordia, della pace, dell’amore, della riconciliazione tra persone.
Oggi, come ieri, come domani, Rosa costituisce per noi esempio virtuoso di coraggio: il coraggio di prendere posizione per la difesa dei diritti umani, dei valori della pace e della non violenza.
Rosa ha saputo guardare oltre i confini, con lungimiranza, sicura della contingenza e della temporaneità degli ostacoli che ha incontrato nel suo percorso di vita, e ha lottato, con coraggio, contro l’inerzia, il silenzio, l’omertà.
Il suo saper guardare oltre è racchiuso nelle sue parole rivolte all’ordine delle Clarisse, che non la accettò in vita: “Non mi avete voluto da viva, mi accoglierete da morta”, le quali diventarono realtà dopo la sua morte, tant’è che il Monastero delle Clarisse, nel centro storico di Viterbo, dove è conservato il suo corpo dal 4 settembre 1258, oggi porta il suo nome.
Si racconta che, a Vitorchiano, Rosa abbia sfidato un mago, che era riuscito con la sua influenza a soggiogare tutta la popolazione. Sembra che Rosa abbia fatto accendere un rogo sulla piazza e sia rimasta illesa e che, alla sua discesa, senza nessuna ustione, il mago le si sia gettato ai suoi piedi.
Rosa dà una lezione di vita a tutti noi incoraggiandoci, con il suo esempio, a non avere paura e lottare apertamente contro ogni forma di violenza, odio, intolleranza, discriminazione, rispetto ai quali anche il silenzio omertoso costituisce pericoloso alleato, per battersi per la costruzione di una società fondata sul rispetto e sull’uguaglianza degli esseri umani in quanto tali.
Concludo con un appello alle autorità, alle donne, agli uomini, ma soprattutto alle ragazze e ai ragazzi a non essere inerti, ignavi, e a guardare lontano. Da ognuno di noi parte il cambiamento, come gocce che si propagano nel mare dell’indifferenza.
Dott.ssa Silvia D’Oro
Consigliera di Parità della Provincia di Viterbo
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